venerdì 12 febbraio 2016

RIGONI Paolo


Paolo Rigoni: il recupero della poetica artistica.

Fare dell’arte è un distinguo non da poco rispetto alla molteplice schiera delle espressioni che si prestano, a torto o a ragione, nell’attuale società. Benjamin sostenne che la nostra è l’epoca della riproducibilità. Sotto alcuni aspetti è innegabile l’ausilio delle tecnologie più avanzate al servizio delle immagini riprodotte. I più sostengono: “è stato fatto tutto”.
Allora qual è il senso dell’esistenza, delle emozioni, del vivere dell’anima? Paolo Rigoni dà la risposta. Palesa il desiderio del recupero della poetica artistica.
L’odierna esplicita richiesta del bene di facile consumo ha reso desueta la peculiare funzione formativa delle arti e l’artista prova un nostalgico rammarico, perché sente la dilagante privazione della fruizione del bello, della meditazione e pensiero sensibile.
La popular art, nelle divergenti espressioni, per sua natura, s’adatta alle mode, ai desideri, mancando dell’introspettiva indagine per quella che genericamente è definibile come produzione  da tramandare.
Paolo ha intrinsecamente  rimpianto per il compito educativo delle arti, soprattutto per quelle intellegibili del passato. Mostra il metodico procedere attraverso le opere: rabbia per il fallito rinascimento della cultura e dolcezza nel soddisfare l’esigenza intima. 
Quando si dedica alle sue creazioni, siano esse dipinti o sculture, volontariamente si estrania dall’interscambio sociale; appagato da un intrinseco bisogno di solitudine meditativa e pare che il momento creativo avvenga con una certa facilità e il tempo fluisca senza essere percepito, il tutto in una dimensione atemporale, astratta.
Per l’Artista è indicibile lo stato di benessere interiore nell’abbandono in se stesso; è soddisfatto nell’azione con cui manipola gli strumenti, la materia, i colori per dar vita a continue evolutive emozioni. E’ avvezzo all’osservazione ponderata della natura, morta e viva, cercando di filtrare l’esteriorità con l’occhio dell’interiorità.
Ha maturato una sensibilità personale verso l’oggetto e un approccio al colore esclusivo, tradizionale e innovativo. Nell’ossimoro è da rilevare l’attenzione al soggetto da rappresentare, leggibile e sostanzialmente tangibile, con interveti formali unici e personali.
Rigoni, così confessò in alcune occasioni, è sempre stato attratto dai grandi maestri; indiscutibilmente si vede dall’immediata sicurezza della pennellata. Un tocco forte come sono i pigmenti di colore usati, esaltati dalla brillantezza della vernice fissante finale che l’Artista sa stendere sull’opera finita allo scopo di evidenziare l’esplosione del cromatismo.
Tecnica singolare, unica, quella di Paolo Rigoni: il fondo è dato dal collage sulla tela o sulla tavola di carte, pezzi di scatole, frammenti d’imballaggio, fogli stampati e pagine di quotidiani… elementi significativi quest’ultimi sia sotto il profilo meramente esecutivo, sia razionale, sia tematico. Paolo carteggia la pasta di carta indurita facendo emergere da subito il contrasto chiaroscurale dello sfondo. E’ il primo momento creativo dell’artista; segue l’intervento con gli smalti, le tempere e in questo procedere, dà corpo ai soggetti. Lo sfondo rimane, il testo scritto trapela tra i colori in modo criptato.
L’apparato scenico comunicativo s’intravvede sotto l’immagine illustrata. E’ la cronaca assillante oltre il bello. Il sostrato è inquietante, pressante. Sopra le carte incollate,  dal fondo emergono le creature sensibili. Ad uno ad uno appaiono i volti, gli oggetti, il paesaggio.
La pagina di quotidiano spunta a tratti sulle opere allo scopo di dare dignità sensibile al soggetto trattato in contrapposizione alla tempesta dei media. L’universalità senza età del sentimento contro l’imbarazzate bombardamento mediatico.
Ho in mente una significativa opera nella quale l’individuo stressato dal cumulo di notizie urla. Nell’opera di Munch la paura è per l’insidia imminente, per Paolo l’urlo è un atto catartico. L’individuo schiavo delle vicende, esagerate dai mezzi di comunicazione, si lascia andare nel solipsistico grido liberatorio “basta”.
Il giornale, sul quale si stampano le notizie, è il mezzo impositivo, controllore di una società oramai avvezza ai piloti celati, ai grandi fratelli di orwelliana memoria; contro questo strumento di tortura assidua Rigoni esprime tutto il diniego e nel contempo si apparta in una natura ristoratrice. L’arte, afferma, diventa “membrana osmotica che filtra e decanta le tossine prodotte dal mondo moderno”.
Allo sfondo della pagina scritta, il quotidiano appunto, attribuisce indirettamente con latente superstizione un potere di protezione con il fine di scongiurare il male, dopo la denuncia. Il veicolo che può dare ristoro immediato è la natura. Scrupoloso osservatore s’immerge nell’ambiente per un respiro di poesia rigeneratrice.
Paolo Rigoni ha la possibilità di vivere nel paradiso dell’ambiente umbro. I declivi aprichi durante la stagione estiva, le colline smeraldine nei verdi a primavera e i toni forti della vegetazione nei contrasti di luce al tramonto, rossi in certi giorni e plumbei in altri. Lo stato d’animo è palese; si respira il conforto sereno dato dall’ambiente. L’attenzione per le velate sfumature diviene chiave di lettura per rappresentare il paesaggio; nell’amore per la natura madre consolatrice, schiude le porte alla decodifica del messaggio poetico e legittima la condivisione emozionale.
Colline soleggiate nelle belle giornate, gonfie d’umidore e di nebbie sospese nelle stagioni intermedie; ovattati  nel clima gotico delle sensazioni sono i pianori umbri riprodotti con il tocco di un maestro nelle tonalità e nelle pennellate di getto, immediate, degne della tradizione post-impressionista. C’è nell’esecuzione di Rigoni il voluto intento del finito e non-. Alcune porzioni, quelle centrali del dipinto, esaltano la minuziosa abilità; verso i bordi sfugge alla cura dei particolari per riprendere il leitmotiv contemporaneo, attraverso la notizia.
Con il piacere nel descrivere, con le cromie calde, forti, le solide buone cose del passato, pur senza alienare l’elemento primo dell’ispirazione, Paolo ricolloca gli oggetti. Il vecchio comò, dipinto in un’insolita prospettiva dall’alto, forte degli anni e ricco  di ricordi come i cassetti che esibisce, è il punto d’appoggio per le sensazioni che danno vigore al cuore. La frutta, composta in un revival caravaggesco, in primo piano sul cassettone associata alla foto-ritratto del lare domestico puntata alla parete, riporta il clima sereno crepuscolare. Sono i cardini sui quali poggiano le vive e intime gioie senza tempo, oltre la ridda delle informazioni che si perpetuano sullo sfondo.
Come in un viaggio senza perdere le radici forti, ecco, dai giochi di luce ed ombra, l’Artista dà espressione ai volti. Non importa chi sono, né da dove vengono; senza precisa identità sono comunque effigi dell’intera umanità violata; massimamente in bianco e nero, com’è l’esistenza grigia degli homeless. I disgraziati del quinto stato, senza dimora, mostrano rughe di sudicia sofferenza; tuttavia hanno occhi grandi, maliziosi, atti a carpire ogni espediente. I ritratti hanno grandi dimensioni, proporzionali alla querela del malessere esistenziale.
Nella raffigurazione umana manca volutamente la tonalità dell’incarnato ed è difficile cogliere il sorriso; c’è acuta serenità e fierezza di sguardo al fine di ostentare l’essenza dell’anima che Paolo ha saputo cogliere. Sotto questo profilo l’arte di Rigoni è didatticamente colta. Infatti una corposa produzione è stata dedicata “Al giardino del sapere II”. Il titolo è dato a dipinti nei quali emergono pile di libri: cataste di volumi, chiusi, aperti, sgualciti. Paolo sa bene che l’unico mezzo per il riscatto sociale è il sapere veicolato attraverso il libro.
L’umanità bruta è segnata dall’ignoranza così come la nostra è segnata dal consumismo sminuendo il substrato intellettuale. Le società, in assenza di erudizione, smarriscono i valori fondanti, s’accaparrano dei beni futili e voluttuari, perdono l’uso dei sensi e della ragione, disconoscendo la bellezza interiore. L’artista, con la serie citata, aspira ad una rinnovata humanitas litterae, con ancora l’Uomo al centro del mondo. Sente il dovere profetico del vate nel dare e avere cultura; solo in questo modo l’individuo  del terzo millennio potrà rigettare la futilità dell’ovvio elargita dai persuasori occulti.                                                                         Vincenzo Baratella


Natura-morta-con-mele-olio-su-carta-e-tela-50x70-20101

Paesaggio-umbro-tecnica-mista-su-carta-e-tela-33X41-2014
Senza-titolo-tecnica-mista-su-carta-etela-100X150-2015 (1)
Momento dell'inaugurazione
Momento dell'inaugurazione
L'Artista Paolo Rigoni
Momento dell'inaugurazione
La giornalista dott.ssa Maria Chiara Pavani, L'Artista Paolo Rigoni, la dott.ssa Emanuela Prudenziato
Paolo Rigoni è riflessivo, meticoloso nel processo creativo artistico; i silenzi e le analisi introspettive sono punti cardine di un operare unico nel suo genere; da una parte legato a momenti induttivi di alta poetica, dall’altra in tensione verso una costante ricerca formale, che non abbandona comunque l’esegesi dei grandi. Il fondo è dato dal collage sulla tela o sulla tavola di carte, pezzi di scatole, frammenti d’imballaggio, fogli stampati e pagine di quotidiani… elementi significativi quest’ultimi sia sotto il profilo meramente esecutivo, sia razionale, sia tematico. Paolo carteggia la pasta di carta indurita facendo emergere da subito il contrasto chiaroscurale dello sfondo. E’ il primo momento dell’ispirazione dell’artista; segue l’intervento con gli smalti, le tempere e in questo procedere, dà corpo ai soggetti. Il testo scritto trapela dai colori in modo criptato. Ad uno ad uno appaiono gli oggetti, il paesaggio, i volti definiti con pennellate vigorose, degne della migliore tradizione figurativa del ‘900. Le tematiche spaziano dallo scenario del paesaggio umbro, diverso nelle stagioni e quindi nelle tonalità, alle nature morte colte nel lirismo crepuscolare. A seguire i contenuti forti: giardini del sapere, ovvero i libri per la trasmissione della conoscenza, e i volti degli homeless: una indiretta denuncia delle diseguaglianze sociali. Un’arte impegnata quella di Paolo Rigoni. [V.B.]




Remweb
Home » Blog » Forza della materia e abbaglio della luce nelle...
L’Artista ha le origini nel ceppo dei Rigoni dell’Altopiano; ha completato gli studi ad Asiago. Dopo il diploma scopre che la vera vocazione è il golf; indubbiamente gli aprichi verdi pianori estivi della terra natale lo entusiasmavano in quella che riteneva una passione, più che uno sport. Tuttavia le nevi abbondanti e l’impossibilità di coltivare per tutto l’anno attività, lo costringono ad emigrare in Spagna. Per otto anni si dedica all’insegnamento del golf; nel contempo la terra d’Andalusia, ricca di stimolo e di cromosomi artistici pilotano Paolo ad esibire la vera vocazione: l’arte figurativa. Con tenacia sperimenta molteplici tecniche. La risultante è una pittura, superbamente superiore alla scultura, piena di luce e ricca di materia. Singolare la tecnica plurimaterica: alla tela incolla carte sulle quali, una volta levigate e stese quasi a fondo d’intonaco, dipinge. I soggetti spaziano dalla natura morta, colta in un realismo di volumi e sensazioni cromatiche uniche, ai ritratti inquietanti nella esibizione della personalità individuale, ai paesaggi della terra umbra, attuale approdo dell’Artista.
Sabato 5 marzo alle ore 18,00 lo Studio Arte Mosè di Rovigo presenta la personale di Paolo Rigoni.
La mostra sarà visitabile dal 5 marzo al 24 marzo tutti i giorni feriali dal lunedì al venerdì dalle 16,30 alle 19,30 con ingresso libero.