lunedì 28 ottobre 2019

Mosè Baratella allo Studio Arte Mosè


MOSE’ BARATELLA: 1919
ARTISTA DEL SECOLO BREVE
Una data che a scriverla suscita il sorriso, sembra un gioco ripetere dei numeri per ottenere un effetto visivo particolare: l’uno assomiglia ad una persona ritta in piedi; i due nove ricordano i monocoli sul naso, nel vezzo austero di fin de siècle. Un’interpretazione che rimanda alle contraddizioni di due secoli: quella della nobiltà e della servitù ottocentesca contrapposta al secolo breve della borghesia e del proletariato. Nasce il 17 novembre;  importante ricordare che si tratta dell’anno subito dopo il primo conflitto mondiale, un’epoca che ha visto posizioni ideologiche scontrarsi per dare una soluzione concreta ai problemi del popolo sconfitto soprattutto dal punto di vista economico, sociale, dalla classe dirigente, da chi deteneva il potere e voleva dimostrare la propria forza e superiorità. Un discorso troppo lontano dalla realtà delle persone comuni, desiderose di avere semplicemente la possibilità di costruire il proprio avvenire in modo decoroso distaccato da velleità pindariche, rispettoso delle regole, dei diritti e dei doveri, anche se ancora definiti sudditi e non cittadini. Il pensiero della gente comune è molto chiaro e lineare perché possiede l’onestà morale (come si diceva una volta) del dire e del fare. Si tratta degli elementi che costituiscono la formazione di Mosè come uomo e come artista. Non ultimo l’approccio alle convinzioni religiose vissuto intimamente nel modo più puro: quello del Vangelo, senza ostentazione di accettazione o ricusa di nulla, ma testimoniato con la vita in modo autentico. Ha vissuto la prima giovinezza durante il fascismo e il secondo conflitto mondiale. Tutto ciò non ha condizionato la personalità e il suo pensiero; è rimasto sé stesso senza compromessi, difendendosi dalle continue vessazioni politiche con ironia, capacità e determinazione d’animo. Al termine del ventennio, nell’Italia liberata che ha visto il cambio repentino nel colore delle camicie è stato un narratore obiettivo ed imparziale dei fatti accaduti e vissuti in prima persona. Grazie alla pittura si è manifestato critico delle improvvise metamorfosi politiche e degli atteggiamenti buonisti per interesse particolare. E’ rimasto moralmente ferito per la sua coerenza, come coloro che agiscono senza secondi fini e con lealtà. Compare la simbiosi di uomo-Artista coerente, scevro da melliflui compromessi e dall’adattamento di comodo agli schieramenti; tuttavia questo modus d’integrità morale ha frenato l’ascesa al successo nei ristretti circoli cittadini e nelle conventicole. In effetti vale anche per Mosè il nemo profeta in patria; ebbe riconoscimenti e gratificazione per la sua arte in altre città. Venezia, Verona, Padova, Ferrara gli attribuirono gli onori che meritava per un’esistenza spesa interamente per l’arte. In effetti sin da bimbo il vecchio maestro Sebastiano scorse in lui un ineguagliabile talento nella pittura ed un disegno fluido e deciso. Quante madonnine fu costretto a dipingere, olio su carta, per quel benedetto maestro! Negl’anni del fascismo, dopo alcune esperienze che lo possono affiancare ai futuristi, rinnegò l’arte marinettiana avvezza al cambiamento di parte per abbracciare  il realismo accademico  con influenze dalle tematiche sociali che giungevano da oltre cortina. Gli anni sessanta lo portarono ad indagare sulla funzione della luce soprattutto nella natura morta che doveva prioritariamente far affiorare dai colori i profumi e la consistenza degli elementi rappresentati e liberò gli oggetti dalla costrizione accademica dei contorni: la luce doveva definire i corpi. La figura umana con un rigoroso studio dell’anatomia artistica  fu e rimase per sempre un altro dei soggetti preferiti; sono da menzionare gli innumerevoli ritratti, le figure negl’interni che realizzò. L’accumulo d’esperienza  sia attraverso l’esercizio quotidiano del dipingere e disegnare, sia nel raffronto con i maestri contemporanei e del passato che gustava, condivideva o dissentiva nelle superbe rassegne d’arte nazionali. Il cambiamento epocale degl’anni settanta, con le lotte studentesche, la questione operaia, i temi sociali quali il divorzio, l’aborto, fu  uno dei motivi ispiratori per una pittura fuori dagli schemi usuali  che tanto rimanda nella forma all’espressionismo  tedesco  e all’oggettività, per poi continuare fino agl’anni imminenti la morte a una figurazione personalissima. Le sue visioni del mondo possono ben dirsi anticipatrici di un globalismo in cui il nihilismo diventa motivo propulsore del dibattito sulle incertezze. Dall’osservazione delle opere, siano esse oli o grafiche, si inizia a conoscere Mosè, a dialogare, a discutere dei problemi, delle contraddizioni, dei moralismi, delle falsità perbeniste, della smania di potere, delle prevaricazioni dei diritti, dei soprusi, delle cattiverie, meschinità della vita che tutti conosciamo, ma esiste anche chi finge di non vedere. E’ proprio questo che l’Artista sottolinea, soprattutto con realizzazioni grafiche molto efficaci. Nelle opere ad olio si rilevano momenti poetici particolari. Le nature morte parlano del privato. I ritratti evidenziano il carattere e lo spirito di chi immortalava. Dai numerosissimi autoritratti, oltre un centinaio di soli oli, emerge da ognuno il carattere  in sintonia con la situazione del vissuto personale; ci sono la rabbia, la gioia, lo sbigottimento, la perplessità, la riflessione, la sofferenza all’unisono con i peculiari momenti dell’esperienza dell’artista nel suo inserimento nei contesti mutevoli della società siano essi nel costume, nelle rivolte, nei cambiamenti politici e nelle ingiustizie sociali. I paesaggi trasmettono l’atmosfera che lo ha ispirato, lo stato d’animo, ma anche la sensazione del clima (piccolo quadro di donna in piedi sulla spiaggia con asciugamano e i capelli biondi raccolti). L’uso dei colori rispecchia la personalità di Mosè, l’interpretazione di ciò che lo circonda, il senso della leggerezza di un fiore, la trasparenza di un vetro, mai convenzionale, sentita, vissuta, il profumo delle arance, il sapore del cibo in un disordine “ordinato” della quotidianità familiare, complice fonte d’ispirazione. ©Emanuela Prudenziato

Prolusione della gallerista Emanuela Prudenziato 
momento inaugurazione