giovedì 10 dicembre 2020

IL PETRARCA DI IMPERO NIGIANI

Laura e Francesco, acquaforte, 2020

PETRARCA DI IMPERO NIGIANI

Salire con Gherardo, il fratello, sulla sommità del monte Ventoso, nei pressi di Valchiusa in Provenza, è l’ascesa verso mirabili vette e conquiste profonde per mettere alla prova i limiti e le potenzialità umane; un’autovalutazione sulle conoscenze e sulle certezze della vita stessa. Un imperativo esistenziale per il grande aretino-padovano-cosmopolita Francesco Petrarca. L’umanista cristiano mosse i primi passi a Incisa Valdarno, paese natale di Nigiani. Coincidenze o circostanze dettate da una terra fecondata dalla cultura? Impero Nigiani, definito dalla critica, pittore citazionista -appellativo gratificante poiché ha dato concretezza artistica a pagine di storia e di letteratura-, ha avvertito l’estro creativo nel porzionare in cinque acqueforti le tappe salienti dell’esistenza del grande compaesano. Solitamente con la numerazione delle dita di una mano, numero che definirei scaramantico per  argomentare un tema, Nigiani dà ad intendere che la sua arte incisa sia una preparazione e\o compendio dell’opera pittorica; in realtà palesa nel tratto la spontanea immediatezza di un bocciolo che darà un pianificato fiore. Nel corpus petrarchesco l’inizio è rappresentazione di stampo romantico, Strurm und Drang; l’impeto del vento e la tempesta interiore, scena emblematica sul monte Ventoux. E’ incipit nel dare il senso della ricerca, come scrisse Petrarca a Dionigi di Borgo San Sepolcro, e Nigiani  dà continuità all’indagine. Racconta con un solo ritratto Laura; la fanciulla amata e rubata alla vita dalla peste del 1348. Impero Nigiani coglie le coincidenze. Le pandemie, quella e questa, che rubano gli affetti e incentivano al dialogo profondo, alla meditazione, alla produzione del pensiero intimo. Sono i comuni interessi del Poeta e del Pittore: le simbologie amate dai due per dare un senso alla vita terrena e per non morire dopo la morte. Laura, delicata creatura, sguardo indiretto per innocente pudicizia, è posta  di fronte a Francesco cinto d’alloro. Nigiani nella grafica ha saputo tributare le sfumature fonetiche e i significanti dei termini Laura, alloro -il dottorato ad honoris di poeta, la laurea dunque- e il lauro di mitologica memoria che riporta a Dafne. Nella terza acquaforte, Avignone,  Nigiani compatta le differenze anche con pochi elementi; fa vedere il crocchio subdolo dei teologi, il giovane Apollo e l’orizzonte sintetico in un’architettura di mura entro le quali si accolse la cattività avignonese papale. Nigiani focalizza Francesco con in mano le Confessioni: nella Babilonia dei mores, ieri come oggi, si pone la questione di uno dei tre mali agostiniani, quello morale, indebellabile da qualsiasi vaccino. A seguire due fogli in cui emergono le pacate contrapposizioni: il borgo avito del Petracco, notaio, guelfo bianco, in Valdarno e il paesuccio d’Arquà… Solo e pensoso per i viottoli dei Colli Euganei, tra la domus, l’oratorio della Santissima Trinità e la piazzola su cui ora s’erge la tomba. In questa quinta acquaforte Nigiani ha inserito la gatta. Immagine che mi riporta ricordi di bimbo in gita scolastica alla casa del Poeta. Epoca assai lontana, ora tutto cambiato… Allora ancora le teche polverose con i manoscritti, l’arredamento austero e in alto nella nicchia sul muro, la guida -anziana pienotta petulante- indicava un fagotto informe, avvizzito: la gatta imbalsamata che in vita s’accompagnava a Francesco nelle ultime escursioni meditative. Nigiani, mago nel gestire le emozioni, ha magistralmente fissato in cinque tappe il percorso psicologico. Vincenzo Baratella

Gherardo e Francesco su Monte Ventoso

Arquà Petrarca, la tomba e la gatta del Poeta

mercoledì 28 ottobre 2020

Nei miti della passione. Claudio Nicoli.


 

Claudio Nicoli. Era ancor bimbo, racconta, quando il padre pizzicagnolo gli portava dal negozio i tondini in piombo, garanzia dei salumi, sapendo che il figlio sulla stufa della cucina economica -bontà di mamma accondiscendente- avrebbe fuso il metallo e immediatamente versato negli stampini forgiati con l’argilla fresca del Samoggia. Oltre mezzo secolo srotolato dal “persiceto” di San Giovanni, dalla terra pascoliana; “or non è più quel tempo” riscriverebbe l’altro grande corregionale e Claudio dopo una formazione liceale -indubbiamente questa è l’incipit ispiratrice per le tematiche classiche della sua opera- intraprende all’università studi giuridici. Il clima culturale bolognese nella seconda metà degli anni Settanta è ricco di stimoli e Claudio Nicoli si appassiona di letteratura e poesia; iniziano le collaborazioni giornalistiche, in particolare con il Resto del Carlino. La morte del padre nel 1983 limita tante spinte propositive; tuttavia il demone creativo diventa preponderante in Claudio che approda all’Accademia di Belle Arti di Bologna, diplomandosi qualche anno dopo. L’ascesa dell’artista è poi fatto noto, con personali, grandi rassegne e riconoscimenti, ultimo XXXVII Premio “Conti”, Fiorino d’oro per la scultura,  il 7 dicembre 2019, a Palazzo Vecchio in Firenze. Tra le note degne di menzione: nel 2009 apre la Galleria Cerri Arte a Montepulciano. Nicoli, insegnante e artista completo nelle diverse estrinsecazioni tecniche, è prioritariamente scultore coltivando la primaria vocazione.[V.B.]

Claudio Nicoli, Europa e Giove, bronzo
 

domenica 11 ottobre 2020

PESCI E INTERNI - INCISIONI DI NIGIANI

 PESCI E INTERNI

Pesci è il nome dato alla cartella con cinque incisioni; numero consueto per una produzione a corredo di un compendio pittorico tematico. Impero Nigiani, consolidata presenza alla Studio Arte Mosè per amicizia e reciproca stima, è un artista fiorentino entrato a buon diritto nelle pagine di storia dell’arte di Di Genova che lo definì pittore dallo sguardo cristallino nonché continuatore della corrente citazionista per la spiccata predisposizione verso autori, protagonisti, eroi di pagine di letteratura e di storia. Nigiani con occhio alla cronaca e alle vicende del secolo scorso ha saputo immortalare figure e fatti che hanno segnato dei periodi: il fascismo, l’età delle contestazioni, la destra e la sinistra. All’appello non sono mancate le eroine: Margherita Grassini, Eleonora Duse, Lidia Borrelli, Anna Kuliscioff e, a ritroso nel tempo Fanny Tozzetti, Dulcinea, Penelope, Beatrice, Laura, Fiammetta… Opus minor le incisioni con funzioni enunciativa, esplicativa e di compendio dell’opera pittorica a olio secondo la visione autocritica del maestro toscano; in realtà la spontanea immediatezza dell’idea sulla lastra da incidere segna il raggiungimento della meta comunicativa artistica e, nel contempo, la purezza poetica dell’idea in nuce concretizzata in pochi, cinque, soggetti e in limitata tiratura, massimo venti. Nel caso della mostra cinque varietà di pesci e cinque interni. Mirabilia natura per pochi esemplari della ittiofauna mediterranea da sommare a interius piuttosto di un generico internum, poiché negli interni si coglie l’intima intensità delle malinconie e degli affetti; un’indagine intima appunto. La prima incisione scopre il protagonista al lavoro: autoritratto indubbio nell’atto di creare la narrazione artistica; l’interno è lo studio austero, saturo di arie e di architetture rinascimentali, quasi icona dello Studiolo di Belfiore estense, retaggio della cronaca su Lucrezia e la sua corte. Impero Nigiani nel soliloquio interpretativo coglie gli attimi di una nuda intimità vezzosa allo specchio, uno spettatore rapito nella sala museale in cui campeggia distesa Venere o Paolina o qualsiasi lei; interni in cui raffigura un pollo spennato sotto l’occhio vigile del ritratto dell’Artusi. E non può mancare una Wanda, icona delle note case, nella mestizia dell’attesa in posa statuaria. Atmosfere che evocano crepuscolari toni col salotto buono e il fondoschiena di una Sibilla emancipata. A corredo, come stampe ittiologiche di Agassiz, i pesci in posa ieratica ma ricchi di dovizie tecniche così come conviene all’artista che per la prima volta esibisce una rassegna di sole incisioni. Vincenzo Baratella

Impero Nigiani, interno, acquaforte

Impero Nigiani, Scorfano, acquaforte
Impero Nigiani, Interno, acquaforte
Momenti inaugurazione -sotto.



Momenti inaugurazione fuori dalla galleria


mercoledì 30 settembre 2020

omaggio floreale

OMAGGIO FLOREALE Salvo poche rare eccezioni gli artisti hanno ritratto fiori. Già la Madonna di Simone Martini beneficiava di doni floreali a piè immagine; firmava l’opera con un garofano Benvenuto; Botticelli tempestava la primavera di ghirlande; tripudio floreale fiammingo e la rodigina Marchioni emulavano tanta magnificenza. Classici, romantici, impressionisti, simbolisti, fauves, espressionisti, déco, liberty… numerazione infinita di nomi, date, correnti sono stati rapiti dal fascino di flora. Il Novecento ha sfoggiato l’inverosimile tra fiori di De Chirico, De Pisis, Treccani, Morlotti, Sciltian, Guttuso, ghirlande Fortuny… e stranieri: Monet, Renoir, Manet, … Freud, Warhol, Morris, Gyoshu Hayami,… la calla di Mapplethorpe. Perché tanta inusitata ispirazione? Spinte emozionali date dalla leggerezza dei sepali, dal velours dei petali, dalle cromie dei colori, dal turgido dei boccioli, dell’aprirsi allo sviluppo, delle libidiche inconsce comparazioni all’umanità zoofila tutta, sono indubbiamente gli imput che incentivano la raffigurazione del fiore. La rosa alla Vergine, il giglio a Sant’Antonio sono messaggi sacrali di venerazione che nell’umana ostentazione si concretizzano per la figura amata nella rosa aulentissima, o nella margherita indovina dell’eterno sì. Negli artisti è forte il desiderio di fermare la giovinezza tuot-court attraverso la similitudine segnata dallo scorrere della Natura; è un fluire evolutivo dal bocciolo al fiore. Nell’intenzionalità di esibire il bouquet, il vaso, il mazzo è l’atto per un patto d’amore elegante, fermare forever l’intima esperienza della felicità. In sintonia con quanto detto Omaggio floreale è il titolo della collettiva allo Studio Arte Mosè con artisti nazionali di notevole caratura. Vincenzo Baratella©

Mosè Baratella, Zinnie, olio su tavola

Paolo Zambonin, Calle e rose, olio su tela
Eugenia Nalio, Begonie, olio su tavola

Osvaldo Forno, Magnolia, matita su carta
Emanuela Prudenziato, Gardenie, olio su tavola
Angelo Prudenziato, Primule, olio su tavola



la voce, 7.10.2020
Momento inaugurazione
Momento inaugurazione



lunedì 20 luglio 2020

MAI PIU' COME PRIMA alla Studio Arte Mosè


MAI PIU’ COME PRIMA
Curatore  Vincenzo Baratella      
STUDIO ARTE MOSE’  Via Fiume, 18 Rovigo
Dal  23 luglio  al 28 agosto 2020   lo Studio Arte Mosè  presenta “Mai più come prima”. In questa fase definita di ripresa, dopo il lockdown, si azzarda scongiurare la fase nera della pandemia con un’intuizione nuova nell’approccio artistico. C’è pure il sospetto della normalità; il disorientamento verso quelle che furono le abitudini. In molti casi s’avverte il trasporto nostalgico, quasi museale per l’attività degli artisti e una reinterpretazione dell’opera. I mesi di isolamento hanno incentivato la sensibilità e fatto produrre nuovi messaggi. La collettiva di via Fiume, con una ventina di opere e di artisti, mostra il prima e il dopo; rassegna ponte di tre momenti: la vita, la morte, la rinascita; una miscellanea di temi, tecniche, correnti. La fanciulla in fiore, omaggio a Gian Antonio di Baratella Mosè è la celebrazione della giovinezza; eleganza di ragazza presentata nella continuazione di un fiore; alle spalle il ganzo felliniano per ricordare indirettamente le pagine di Cibotto sulla dolce vita romana. Il mascara forte, come s’usava allora e rimarcava Renato Borsato, sugli occhi di una lei  in posa di fronte la veduta lagunare. Corsa di una, cento, Michol estensi, protagonista di Bassani, con lo stuolo di bici pronte a lato del Castello, in quell’intimità cittadina che solo Luigi Marcon sa ricreare. Poesia d’altri tempi con i veli di Lidia Borrelli, con la Sibilla sul prato del collegio coronato dal boschetto e leggere, forse, i canti orfici. Immagini struggenti che solo Impero Nigiani, con astuta verve fiorentina fa rivivere. A volte scende il velo del ricordo, come nell’uso ottocentesco del narrare: la frutta d’altri tempi: le mele cotogne di Emanuela Prudenziato, che spandono sull’armadio il profumo acerbo del bucato pulito. Edi Brancolini abbandona due dame sul canapè in un’aria d’attese e di silenzi secondo i simboli di un preraffaellismo che non ha mai smesso. Nella rassegna non mancano i quesiti posti dall’artista bassanese Toni Zarpellon che predilige graffiare con la matita, con i pastelli scuri, sul fondo azzurro di un cielo di speranza le cinque W del giornalismo: chi, come, quando, dove, perché. Zarpellon  denuncia l’impazzimento della scienza ed il sopravvento della stessa fino alla crocifissione dell’uomo. Nell’impossibilità di dare risposte ai grandi quesiti, come Amleto, esibisce il teschio sulla sedia. Non mancano opere dal tono satirico; Mariano Vicentini con un quadro pop di straordinaria attualità, unisce gli Stati europei, debitamente con i colori della moneta unica, con una cucitura a spago, ben salda. Collettiva alla quale non può mancare il messaggio di speranza lanciato da Vico Calabrò, con i musici nei campielli e le note alte tra li angeli. La mostra di via Fiume, 18 è aperta dal lunedì al venerdì dalle 16.30 alle 19.30; visitabile a ingresso libero con mascherina in ottemperanza alle vigenti disposizioni governative. Per info: studioartemose@live.it
Toni Zarpellon, Pensieri sul coronavirus, pastelli
Mosè Baratella, Fanciulla in fiore, omaggio a Cibotto, olio
Emanuela Prudenziato, Mele cotogne, gessetti
Luigi Marcon, Ferrara, acquaforte

venerdì 19 giugno 2020

Appuntamento al mare. Studio Arte Mosè


APPUNTAMENTO  AL  MARE

Una consuetudine nella mentalità di tutti. Dopo un anno di lavoro le ferie, libertà e sinonimo di libertà: il mare, l’indefinito, la calma, il rilassamento, la pace interiore; un ricaricarsi prima di tornare alla consuetudine del lavoro, della vita di città. Ora, dopo la fine della chiusura totale, la riapertura significa una corsa verso l’autodeterminazione, il desiderio di respirare, muoversi senza costrizioni. Appuntamento al mare sì: una volta era la promessa di un flirt, la prova costume, oggi il ritorno alla spiaggia non rivelerà solo il consueto prolasso fisico, ma anche psicologico sopportato dall’intera popolazione ed evidenzierà altresì quello morale della politica. Un prolasso drammatico che non trova chirurgo plastico che possa rimediare alla défaillance  interiore; è più forte di tutto e di tutti. Le immagini pittoriche danno l’idea di libertà serena, senza limiti, costrizioni, privo di dramma, costituiscono un momento lieto della vita lontano da contraddizioni, verace nella sua semplicità ed immediatezza. Nella sapiente elaborazione della quotidianità, le opere di Mosè spiegano la sensibilità, l’emotività, i sentimenti delle persone. Le figure sedute sulla sabbia dialogano in un’atmosfera particolare: il mare è sullo sfondo, ma in realtà s’insinua nei comportamenti, nei pensieri della gente. I ragazzi sulla spiaggia si guardano intensamente, s’interrogano quasi a scoprire, avvolti dalla tiepida brezza del mare, i loro sogni più reconditi. La signora distesa piacevolmente si lascia guardare, abbronzare dal sole assorta nelle sue fantasie estive. La ragazza di spalle appena giunta al mare sembra ammirare le persone già presenti sulla spiaggia intente a divertirsi, pronta anche lei a farsi coinvolgere da quel momento senza pensieri. Non ultima l’opera che raffigura il nostro protagonista: il mare con i suoi colori sgargianti, il verde smeraldo, blu cobalto, azzurro chiaro e tutte le sfumature possibili a rappresentare il senso d’indefinibile. Il mare attrae incondizionatamente con la sua superficie in un instancabile perpetuo movimento. Si fa rimirare per ore senza fine è la sua forza misteriosa e magica che attrae e distoglie se vuole dal suo solipsismo. Un ulteriore riflessione merita il quadro del sole bianco: i colori  spenti suggeriscono un momento di malinconia in un contesto comunemente legato all’idea di spensieratezza, felicità. Mosè Baratella non dimentica di sottolineare quanto il mare sia per l’essere umano un mistero, un mito; dall’esperienza della letteratura epica non manca di riferirsi al mare alle sue profondità, alla sua natura imperscrutabile per l’uomo proponendo un disegno dedicato alle sirene: esseri appartenenti all’immaginazione poetica. Appuntamento al mare non è solo vacanza, ma un riscoprire se stessi  e i nostri miti. Emanuela Prudenziato
Mosè Baratella, Sottomarina, olio
Mosè Baratella, Immenso, olio
Mosè Baratella, Sulla spiaggia, olio


COMUNICATO  STAMPA
APPUNTAMENTO AL MARE
Curatrice  Emanuela Prudenziato      
STUDIO ARTE MOSE’  Via Fiume, 18 Rovigo
Dal  22 giugno  al 14 luglio 2020   lo Studio Arte Mosè  riapre con “Appuntamento al mare”. Rassegna con una ventina di opere dell’artista Baratella Mosè, di  cui si è ricordato il centenario dalla nascita lo scorso novembre, ha come tema il mare nell’esperienza più comune e oggi riscoperta e particolarmente sentita  da tutti dopo l’esperienza della chiusura totale. L’esposizione  offre disegni, oli, pastelli  che raffigurano  situazioni viste, vissute sulla spiaggia: descrizioni dei comportamenti  individuali ed amicali tipici del luogo di vacanza. Ogni immagine suggerisce una impressione particolare, induce a riflettere  sugli atteggiamenti dell’essere umano quando si trova in un ambiente diverso dal solito, quasi assumesse una personalità nuova per l’occasione. Il mare è il protagonista esterno ed interno della narrazione  di Mosè  nel momento in cui  lo rappresenta in primo piano, enorme e con un volto pallido: una personificazione  che induce ad osservare la realtà con uno sguardo inconsueto, più problematico. La mostra, aperta al pubblico, nei giorni feriali, dal lunedì al venerdì dalle 16.30 alle 19.30, sarà visitabile  previo appuntamento in ottemperanza alle vigenti disposizioni governative.

martedì 31 marzo 2020

Studio Arte Mosè #io resto a casa


Studio Arte Mosè
 #io resto a casa

Secondo le indicazioni di Stato, utili per la limitazione del contagio del virus, lo Studio Arte Mosè rimane chiuso. Il programma delle mostre ha subito delle modifiche e delle cancellazioni. Emanuela Prudenziato e Vincenzo Baratella, entrambi curatori critici dello spazio espositivo di Via Fiume, 18 di Rovigo, nel rispetto delle direttive della sanità e del Governo hanno dato la possibilità ad amici, frequentatori, estimatori dello Studio Arte Mosè un continuum piacevole attraverso le immagini di Artisti e rassegne che si sono avvicendate nella Galleria nell’arco temporale di 20 anni. Un ringraziamento anticipato a coloro che vorranno esprimere la vicinanza con un messaggio a studioartemose@live.it.
Il Resto del Carlino, sabato 23 maggio 2020.
Il Gazzettino 26.5.2020

La Voce, 27 maggio 2020

Inizio doveroso con il "padrone di casa", l'ideatore del progetto galleria. Baratella Mosè (1919-2004), artista. E' in posa all'interno dell'installazione "Mae West" di Dalì in una rassegna veneziana negli anni Settanta.
Mosè Baratella, autoritratto sul balcone; notturno al chiaro di luna. 
Mosè Baratella, E lo spirito aleggiava sulle acque, olio su tela
Mosè Baratella, Il crollo dei valori. Olio. Opera già negli anni Ottanta invitava alla riflessione sulla società che s’avviava ad un irreparabile declino. Sull’acqua galleggia il Cristo morto attorno alcuni fiori; il segno che pochi che amano veramente. Attorno al protagonista, influencer, c'è la confusione, il caos sociale.

Emanuela Prudenziato, illustra le incisioni di Angelo Prudenziato (1907-1980). Lo Studio Arte Mosè ha dedicato tre retrospettive all'artista amico di Mosè.
Angelo prudenziato, Faraona, acquaforte
Claudio Nicoli nello studio. La personale dello scultore avrebbe dovuto essere inaugurata il 4.4.2020. La rassegna è stata rimandata.Opere dell'artista sono presenti in galleria.
 Una scultura in bronzo di Claudio Nicoli 
Claudio Nicoli, fa emergere dalle sue sculture il gusto per la classicità greco-romana, frutto della formazione liceale e accademica.

Daniele Basso, nato il 4/8/1975 a Moncalieri (TO), artista italiano noto per i lavori in metallo lucidato a specchio, scrive: "Col mio lavoro cerco di esplorare il senso ed il significato delle cose. Ogni opera esprime un messaggio. L'obiettivo è generare una riflessione. Indurre cioè le persone ad una maggior coscienza di sé, personale e collettiva. Le sculture diventano simboli e monumenti in cui riconoscerci, non solo come individui, ma soprattutto come componenti di una collettività unica e distintiva. Di cui essere orgogliosi. I cui valori sono da custodire come parte della nostra identità. Da qui l'interazione del mio lavoro con le aziende, espressione pura del Genius Loci e custodi del know how e della cultura che distingue i territori nel mondo. Attraverso la ricerca della bellezza cerco appigli concreti ed emozioni positive, per stimolare le coscienze all'immaginazione, al sogno ed al progetto di un futuro migliore!"
Daniele Basso - Plis De La Vie / oltre la speranza: progetto d'arte all'epoca del Covid-19
Daniele Basso - Boogeyman / oltre la speranza: progetto d'arte all'epoca del Covid-19
Personale di Luino, insegnante a Brera, firmatario del manifesto "La Metacosa" con Ferroni. Da sinistra: curatore della galleria Marini di Milano, Bernardino Luino, Sergio Garbato, Emanuela Prudenziato.
Bernardino Luino, Water tanks, acquarello.
Baratella Vincenzo con l'artista Paolo Rigoni durante un vernissage.
Paolo Rigoni, "Figura con le mani sul volto", 60x58,2cm, 2020.
L’opera di Paolo Rigoni, “Figura con le mani sul volto”, tecnica mista, vernici, carta e foglia d'oro su tavola di pioppo, è sconcertante nella forza espressiva e magistrale nella esecuzione. La predilezione di tonalità fredde è appropriata per il soggetto sgomento, incredulo per manifestazioni di superbia e arroganza raggiunte da un’insana umanità. L’idea, la base e l’abbozzo del dipinto sono stati improntati alla fine dell’anno precedente mentre lo sviluppo è stato completato di recente, anche se –sostiene Paolo- un quadro non è mai terminato. Lo sfondo è creato “con i giornali da me spesso usati –motiva l’Artista-, che rappresentano le molte informazioni che ci bombardano tra le tante fakenews, con la difficoltà di riconoscere qual è l’autentica nella vera e propria infodemia. Troviamo inoltre nel dipinto parti in combustione e la presenza dell’oro, materiale nobile, colore intenso. In questo caso l’oro simboleggia la speranza e la rinascita e risulta in netto contrasto con i colori drammatici del dipinto e della figura”.
Autoritratto in marmo dello scultore Matteo Faben. Artista in permanenza allo Studio Arte Mosè.
Matteo Faben, le mani, marmo di Carrara. Opera di straordinaria eleganza e morbidezza.
Matteo Faben durante una performance art nello Studio Arte Mosè

Personale di De Crescenzo. Foto inaugurazione. Artista al centro della foto.

La pittrice Eugenia Nalio e sotto due sue opere.
"La segregazione forzata -dichiara Eugenia Nalio- può avere dei vantaggi... sono 2 quadri che avevo in lavorazione da tempo e ora li ho completati"
Impero Nigiani  presente in significative mostre: una  dedicata a Don Chisciotte.  Il senso dell'infinito  a Leopardi.


Impero Nigiani, Don Chisciotte, disegno.
Impero Nigiani, Ritorno da scuola, olio su tela.
Alessandro Bulgarini
Calovini e Alessandrini in una rassegna dedicata alla donna.
"Scarpette rosse", rassegna sulla donna, di Tiziana Torcoletti
Edi Brancolini. Sotto un'opera del maestro.
Edi Brancolini, Arcipelago della malinconia,olio su tela,85x90, 2020


Edi Brancolini, Il grande disgelo, cm 190 x 320; 2020
Edi Brancolini, Il grande disgelo, part. 1
Edi Brancolini, Il grande disgelo, part.2
Edi Brancolini, Il grande disgelo, part.3
Pietro Barbieri; a destra il critico Giulio Gasparotti
Pietro Barbieri, "el bocolo", acquarello. Un segno d'amore.
Federico Buzzi.
 Lo scrittore Gian Antonio Cibotto; amico e piacevole continuativa presenza in galleria.
Gian Antonio Cibotto in una delle straordinarie mostre che videro la sua collaborazione.
Antonio Dinelli
Osvaldo Forno accanto a un suo quadro
Roberto Rampinelli
Roberto Rampinelli, Calle, acquaforte
Raimondo Lorenzetti nello studio.
Raimondo Lorenzetti, olio su tela
Raimondo Lorenzetti, olio su tela
Giuseppe Biguzzi
La pittrice Anna Sandra Belloni. Sotto una sua opera accompagnata da una sentita lettera.
Ciao amici cari, apprezzo molto la vostra iniziativa di creare momenti di condivisione per non interrompere il piacere di sentirsi. Questo periodo ci mette alla prova, è difficile ed è ancor più difficile, nella totale solitudine, essere creativi, ho quasi timore di affrontare la tela vuota, per paura di sprecarla, ormai sono finite !!...mi sembra di essere in un labirinto…del quale vorrei trovare la via d’uscita!! A volte non accadono cose per mesi e poi, in pochi giorni accade di tutto…. Il nostro mondo si sgretola… niente più certezze… Il nostro vivere quotidiano è cambiato completamente, gli affetti sono a distanza.... le mie ragazze e la mia Cecilietta adorata … riscopri valori assopiti e non vedi l’ora di uscireeee!!! Scopri di avere tempo…tanto… di colpo…mi fa un po’ paura!! Supereremo anche questa difficoltà se avremo fortuna, e sarà bello incontrarvi, per momenti d'arte da godere insieme, per tornare ad assaporare la libertà di uscire, di godere il sole, l’aria, gli amici che oggi mi mancano. Vi mando uno dei miei ultimi ritratti, ispirato agli anni venti, periodo in cui, a mio avviso, trionfava una femminilità disinvolta e libera, controcorrente: volti con capelli alla garconne, cappellini a campana che coprono la fronte facendo risaltare il viso e gli occhi, il rossetto disegna la bocca: “fascino intramontabile” è il titolo , olio su tela 40x50 Un caro saluto. Anna
Girolamo Battista Tregambe, amico, incisorte, scomparso il giorno di Pasqua del 2015.
Vilfrido Paggiaro (a sinistra) e sotto una sua recente opera
Vilfrido Paggiaro, Il merlo. Olio su tela.  Ciao caro Vincenzo, ti mando una foto del mio ultimo lavoro. Il titolo è "Merlo"; una sorta di dialogo tra uomo e natura nel quale io stesso non saprei dire se il" merlo" è l'uccello (nel senso della Natura) o l'uomo che si illude di avere delle risposte da parte di una Natura, per altro giustamente, indifferente. Un caro saluto a te ed Emanuela. Vilfrido
Vilfrido Paggiaro, Naufragio, olio su tela
Lino Lanaro
Marco Manzella
Marco Manzella, Piscina, olio su tela
Luigi Marcon, grande sodalizio con la galleria.Artista presente in galleria.
Luigi Marcon, Ferrara, acquaforte
Luigi Marcon, Landshut, acquaforte. Questa acquaforte, realizzata per celebrare l'ottocentesimo anno dalla fondazione della città, è stata usata dalla posta tedesca per un francobollo.
Da sinistra: Toni Zarpellon, Gilberto Nardini e signora, Mirta Caccaro artista della xilografia. 
Mirta Caccaro, due opere per un messaggio di speranza.
Vico Calabrò. Sotto due opere del maestro.


Ferdinando Graziano
Mariano Vicentini. Sotto due sue opere.
 Mariano Vicentini, un'immagine faceta di San Giorgio alle prese con il drago degli automobilisti: l'autovelox. A seguire un dipinto triste: "il Cristo dimenticato" -scrive Mariano- è un po' diverso dai miei lavori". Ineluttabile segno di un momento storico assai travagliato.
sotto: un coronavirus straordinario secondo la fervida immaginazione di Vicentini
Mariano Vicentini, COVID-19, olio su tela, 2020
Toni Zarpellon. Rassegna "Cento teste di donna". 
Toni Zarpellon, quest'opera è stata messa in mostra e tolta temporaneamente dalla sua giusta collocazione: "la cava abitata". L'opera, ricavata da un serbatoio, da continuità al complesso percorso-programma della Crocifissione.


Toni Zarpellon, Crocifissione dalla macchina, 1965,  grafite e smalto opaco su cartone, 70 x 100.

Quasi un anticipato presagio sulla condizione umana nell’era industriale, consumista e gestita dalle multinazionali. Zarpellon nel messaggio sintetizzato nel manifesto di un’epoca, quella sessantottina e post-, denuncia la perdita dei valori formatisi nel ciclo evoluzionistico, lento e millenario, per barattare con l’immediata fruizione di un benessere, magari futile, mai equipollente nello scambio. L’humanitas ceduta a caro prezzo: la crocifissione dell’io da parte del mezzo tecnologico. E’, nella rabbia grafica del messaggio, la sodomizzazione dell’individuo da beni alienanti e, come nel caso attuale, destinati a produrre morte su un globalizzato Calvario. (V.B.)
Toni Zarpellon, Rassegna "Cento teste di donna" a Venezia. 
Toni Zarpellon, Altopiano, olio su tela. L'opera è frutto di una sintesi degli elementi strutturali del paesaggio: stratigrafia e difformità cromatica; l'artista bassanese ha saputo altresì creare un sincretismo che somma la percezione psicologica del luogo e la trasmissione metafisica dello stesso (V.B.)
Pio Penzo
Pio Penzo, acquaforte