lunedì 29 agosto 2011

"DAL GUSTO ALL'IMMAGINAZIONE" dal 10 al 30 settembre 2011 allo Studio Arte Mosè

DAL GUSTO ALL'IMMAGINAZIONE

Sabato 10 settembre 2011 alle ore 18, presso lo Studio Arte Mosè, in via Fiume a Rovigo, inaugurazione della mostra "Dal gusto all'immaginazione"; che durerà fino al 30 settembre 2011 con apertura nei giorni feriali dal lunedì al venerdì dalle 16,30 alle 19,30.  Presentazione (sotto) della collettiva è della Prof. Emanuela Prudenziato.


DAL GUSTO ALL’ IMMAGINAZIONE

Riflessioni sul senso della rappresentazione figurativa della realtà


La continua ricerca di rendere esplicito il proprio pensiero, la volontà categorica di rappresentare la realtà costituiscono gli elementi base per un artista, perché dipingere, disegnare, incidere sono riflessioni di un continuum dell’ esistenza, di vedere, rendere visibile ciò che è  e rimane oltre la percezione  umana. Un esempio di quanto affermato è la riproduzione di una natura morta; una bella natura morta ( si dice spesso) e che cos’ è se non una contraddizione, un ossimoro esistenziale, vita-morte, il bello nella negazione di ciò che esiste. Il pittore figurativo cerca di offrire il più possibile fedelmente il senso di ciò che propone. Non si può raffigurare un fiore, un frutto, senza sentirlo, vederlo, toccarlo, gustarlo, odorarlo, come fosse entrato nella mente, nell’ anima, perché dipingere  l’oggetto della natura portato all’interno dell’atelier non è un’esercitazione decorativa; significa porgere un’ interpretazione del proprio tempo, del proprio esistere. Non basta per comprendere questa volontà di rappresentare fiori, frutta, verdura, animali morti, forse tutto ciò fa parte di quello che vogliamo esorcizzare per noi, la nostra paura diventa gradevole nel vederla colorata, ambientata in ciò che è familiare e ripensiamo alla piacevolezza dell’esperienza della vista, del gusto, del profumo nell’osservare vasi di fiori, cesti debordanti di verdura, frutta, segno di ricchezza, di agiatezza, tranquillità. Dobbiamo ogni volta reinventare e riammirare questo genere di opere perché sono  la nostra vita e il salvacondotto contro la morte. Questa simbiosi essere non essere si legge nelle opere di Arcimboldi.  Elementi apparentemente raffigurati per ciò che sono; in realtà capovolgendo l’ immagine si ottiene un volto umano. Si coglie un sistema fagocitante. L’ autore dell’autoritratto biologico-ortofrutticolo “mangia se stesso”, è qualcosa che si può divorare al pari dell’orto-frutta. La natura morta è viva-vita un inesorabile connubio di sensazioni e riflessioni sul significato dell’esistenza, non solo umana e della sua rappresentazione. Questo inevitabile rapporto esistere e non esistere si percepisce nel cesto di frutta dipinto da Caravaggio. Il frutto marcio è segno di decomposizione , di crisi della società, del tempo in cui vive l’Artista. Non mancano simbologie inconsce: la porta di legno chiusa sullo sfondo di una natura morta  ci fa capire il confine, il limite della nostra esistenza. Più esplicito il messaggio di volti femminili dipinti nella loro essenzialità, icone-presenze simbolo minimalista, vestali della quotidianità, sofferenza e semplicità nel vivere. L’austerità di bottiglie vuote, ritte in piedi, sul tavolo da cucina, prive del loro contenuto, rappresenta l’esperienza vissuta, passata. Gli oggetti sono stati utilizzati, ora hanno il vuoto dell’ assenza, della negazione. La vita è passata, è trascorsa, rimangono il vuoto, la domanda senza risposta certa, sicura. Nelle nature morte proposte c’è tutto l’entusiasmo del colore, si percepisce la fragranza dei profumi, del gusto della singola qualità di frutta. La vitalità rappresentata nelle opere è un inno alla gioia di vivere, la morte può attendere. Fermare quell’ istante  di luce gradevole, elettrizzante è dare scacco matto alla fine, alla paura di non farcela, è la consapevolezza dell’ illusione d’ eternità. La rappresentazione pittorica di elementi naturali o comunque legati alla sussistenza dell’ uomo  non appartiene solo all’espressione  artistica accademica, ma  è ancor più  “ caricata “ di significati   correlati al sistema della comunità, alla condizione dell’ individuo nella società. Per cui parlare di natura morta vuol dire riflettere sulla nostra storia. Il cibo, la possibilità di scelta del cibo denotano una modalità ben precisa di vivere; si decide che cosa mangiare  pensando  prima di tutto al sapore, non  al potere nutrizionale  dell’ alimento. Il gusto è la nostra guida: espressione della più assoluta individualità perché legata ad una realtà di pensiero, e di inconscio, di sublimazione. Ma, talvolta, il palato viene “ addomesticato” per situazioni contingenti  ed ecco allora che  siamo capaci di ammirare  un’ opera che raffigura una minestra in un barattolo , non più all’ interno di un piatto di porcellana posato su di una tavola apparecchiata  secondo le regole del galateo; la nostra vita, la nostra storia cambiano, la sensibilità, il pensiero, la riflessione  sono  le nostre ancore di salvezza che ci conducono alla libera immaginazione del gusto perduto.
Emanuela Prudenziato
L
La
Artisti partecipanti :

Mosè Baratella

Antonio Biancalani



Silvana Bissoli


Mirta Caccaro
Vico Calabrò

Antonio Dinelli

Lino Lanaro
Raimondo Lorenzetti

Gilberto Nardini




























Angelo Prudenziato
Mariano Vicentini




Toni Zarpellon



















DODICI ARTISTI DI "GUSTO" ALLO STUDIO ARTE MOSE'

Dopo la parentesi estiva lo Studio Arte Mosè riapre i battenti con la mostra tematica: “Dal gusto all’immaginazione. Riflessioni sul senso della rappresentazione figurativa della realtà”. Collettiva curata da Emanuela Prudenziato, che ha sottolineato “una bella natura morta ( si dice spesso) e che cos’ è se non una contraddizione, un ossimoro esistenziale, vita-morte, il bello nella negazione di ciò che esiste. Dobbiamo ogni volta reinventare e riammirare questo genere di opere perché sono  la nostra vita e il salvacondotto contro la morte. Questa simbiosi essere non essere si legge nelle opere di Arcimboldi.  Elementi apparentemente raffigurati per ciò che sono; in realtà capovolgendo l’ immagine si ottiene un volto umano. Si coglie un sistema fagocitante. L’ autore dell’autoritratto biologico-ortofrutticolo “mangia se stesso”, è qualcosa che si può divorare al pari dell’orto-frutta. La natura morta è viva-vita un inesorabile connubio di sensazioni e riflessioni sul significato dell’esistenza, non solo umana e della sua rappresentazione”. Dodici gli Artisti presentati con un totale di circa venti opere che vanno oltre il mero aspetto estetico e descrittivo dell’oggetto raffigurato. Mosè Baratella ha fissato due meste sequenze di vita d’altri tempi con la tovaglia a quadretti sulla quale campeggia umile la verza, le mele e la caraffa di coccio. Antonio Biancalani fa trapelare, da luci soffuse e radenti, una ben augurale melagrana. I chiaroscuri caldi, zonati, di getto, fanno gustare le sensazioni degli interni di una lontana civiltà contadina. Silvana Bissoli esibisce l’ulivo, contorto, vigoroso, ma tanto pieno di poesia vibrante attraverso i tocchi esperti del pirografo. Mirta Caccaro, con le xilografie “l’imbriagadura” descrive situazioni di vita contadina, ove per smorzare le fatiche fisiche si ricorreva all’anestetico più alla portata di… bocca; l’ebbrezza popolare è illustrata dall’artista vicentina con il candore  del fabulatore e palesa la sua abilità di illustratrice di libri per ragazzi. Vico Calabrò, all’unisono, fa suonare i suoi angeli-cantori in un mondo di beatitudine e di ottimismo; Mirandolinba alza il bicchiere per un brindisi con il mondo intero.  Il canestro di frutta di Antonio Dinelli, con i colori vivi della migliore tradizione macchiaiola e con il realismo post-romantico, dichiara tutta la sua bravura esecutiva e l’indiscussa sensibilità.  Lanaro Lino propone nell’unicità della sua tecnica, sempre ricca di icone e di simboli, il tavolo imbandito con torta e bottiglie. Lorenzetti Raimondo, presente con tre opere al padiglione italiano della Biennale di Venezia, invita lo spettatore nella dimensione inconscia dell’introspezione. Il suo “bevitore” è un olio che sintetizza la vacuità di chi oggi è privo di valori e ostenta l’estraneità e l’isolamento dalla società; l’opera è stata segnalata nella fortunata rassegna mantovana, curata da Arianna Sartori. Due disegni a matita segnano la presenza di Gilberto Nardini. L’abilità nell’usare questa tecnica grafica fa dell’artista friulano uno dei migliori disegnatori. I significati reconditi, criptati, che emergono dall’immagine della giovane intenta a mangiare gli spaghetti sono in buona sostanza denunce all’opulenza e nel contempo ala necessità per assolvere all’inderogabile bisogno primario del cibo. E quest’ultimo si esalta tutto dall’opera di Mariano Vicentini: una teglia sfrigolante di spaghetti e gli schizzi di rosso per celebrare tutta la fragranza del sugo. La pennellata vigorosa, grassa, decisa, di Toni Zarpellon marca con determinazione il un gigantesco tarassaco: il gustoso contorno dei poveri; la selvatica catalogna dei prati. L’artista bassanese, ha in atto una personale fino al venticinque settembre, nel chiostro a Campo dei Carmini di Venezia. La collettiva è visitabile nello Studio Arte Mosè di Rovigo, in via Fiume,  fino al 30 settembre prossimo tutti i giorni feriali, dal lunedì al venerdì, dalle 16,30 alle 19,30.
                                     Vincenzo Baratella

La prof.ssa Emanuela Prudenziato presenta la rassegna.






Foto pr.ema ©.