giovedì 28 giugno 2018

FEDERICO BUZZI allo Studio Arte Mosè

Immagine locandina: Nec plus ultra, 2017, oil on canvas.

FEDERICO BUZZI

LO SPIRITO CLASSICO COME ARCHITETTURA DELL’ANIMA.
1900: Nietzsche annuncia la morte di Dio. E’ la fine del razionalismo e del teologismo, entrambi vincolati dalle speculazioni aristotelico-tomiste. Pure la metodologia cartesiana, sopravvissuta alle ingerenze degli escatologismi della cultura occidentale, ha abdicato davanti all’assioma della fine delle certezze. L’hegeliana coscienza infelice, frutto della morale cristologica, nonché il materialismo marxista per la fruizione collettiva del capitale favorirono le incoerenze e la veridicità delle posizioni antitetiche. L’estensione globale degli eventi bellici fu il banco di prova nel forgiare lo sviluppo della mentalità contemporanea, la stessa in cui si muove Federico Buzzi. L’artista gravido di cultura classica e con qualifica di architetto ha intrapreso, nell’area delle contraddizioni del secolo breve, un percorso di recupero delle architetture dell’anima e della ripresa di canoni mai desueti per il bello di ellenica memoria. L’avvio è dal romanticismo esasperato in cui l’Io si separa dal trascendente per sconfinare nella böckliniana umana isola delle simbologie: paura e morte. Nell’epoca dei materialismi volti a proporre dirompenti, sarcastiche sperimentazioni nelle convinzioni dei manifesti di corrente, Buzzi avanza la rivalorizzazione di scie che hanno segnato il gusto estetico nella separazione bello-brutto. Estraneo alle spinte disomogenee della creatività artistica e delle novità progettuali, l’Artista milanese, genovese di adozione, si pone dubbioso dinnanzi ai coevi messaggi espressi con disparati linguaggi; è nella convinzione che l’opera, come nella classicità, sia soggetta a regole universali di lettura e soprattutto debba avere una ricezione atemporale, museale. L’opinione dell’arte di consumo, gestita nell’immediata installazione, esistente nel e per il solo momento dell’uso, secondo il piacere della moda senza la continuità, non rientra nei parametri di Buzzi, che ama preparare le tele grezze allo stesso modo delle scuole di bottega, usare le matite di diversa durezza nonché i colori ad olio e le vernici, riproporre i temi mitologici, epici. Idee platoniane che rimandano già nell’analisi al modello primigenio, unico. I valori etici, patriottici, trascendenti sono stati seppelliti nella mota delle trincee, nelle lotte sociali o sui palcoscenici per belle époque mai tramontate; l’esasperata tensione al futuro che ruppe i legami con il passato favorì il troppo nuovo contro la staticità dell’intelletto in bilico tra scienza e fede. Il pensiero della modernità dilazionato tra intenzione, manifesti e progettualità s’è dato a scorrere in più alvei di corrente: un panta rei incontrollato, osmotico, contradditorio… il proliferare della riproducibilità dell’opera e del particolare per fare odiens. La nostra è l’epoca della benjaminiana riproducibilità, delle installazioni, dei vezzi di apparire. Tuttavia dalla caotica partenogenesi di troppi movimenti Buzzi ha selezionato il fluire di acque diacroniche, esteticamente universali nell’ottica crociana del contenuto sposato al bello formale. Buzzi naviga nel fiume del classicismo di reinterpretazione simbolista, decadente, non privo del sinolo aristotelico. Materia e forma alle quali aggiunge la poetica per avvalorare il trasporto nella navigazione intima. Le opere di Federico Buzzi restituiscono gli ideali dell’armonia cresciuti di valenze metafisiche. Pittura di non facile decodifica poiché nella composizione del quadro, a seguire l’excursus tra le vestigia greche, Buzzi dà all’oggetto la peculiare funzione simbolica. L’ontologia s’intravvede in nuce, quasi plotiniana nell’emanazione di un’insolazione all’orizzonte; in controluce  s’ergono ineludibili triliti: colonne d’Ercole che non precludono la conoscenza. Elementi di chiara citazione alla metafisica di De Chirico, nella fattispecie sole e luna sovrastanti il tempio votivo palesano l’alternanza degli opposti: luce tenebra, maschio femmina, vita morte, saggezza ignoranza; nel dualismo la società patriarcale fa prevalere Helios. La celebrazione statuaria è esplicita metafora alla citazione del messaggio: attesa del dies natalis il 25 dicembre; attesa del dio Mitra, Deus Sol invictus. Federico valorizza nel quadro pure l’androginia greco-romana atta ad esaltare la morbidezza dei lineamenti. E ancora frontoni retti da colonnati con sfondo il mare dalle onde ritorte, geometricamente modulari; espliciti riferimenti all’architettura ateniese e all’Egeo. Un compendio di elementi, di “luoghi atemporali” con i quali si articola la narrazione “concettuale”. L’Artista non si ferma alle apparenze; dietro a quanta species emerge la sequenza narrativa: complessa, tra i parametri classici, le icone della poesia e la personale visione del mondo. Vincenzo Baratella©.
Federico Buzzi, Polarità. l'Androgine, 2017, oil on canvas.
Frederico Buzzi, Architettura. 1997, matita e olio su tela.
Federico Buzzi, Natalis solis invicti, 2017, oil on canvas.

COMUNICATO STAMPA
Personale di Federico BUZZI
Studio Arte Mosè di Rovigo, Via Fiume,18
dal 22 settembre all’ 11 ottobre 2018


Straordinaria rassegna il prossimo 22 settembre allo Studio Arte Mosè di Rovigo, con inaugurazione alle ore 18; si tratta della personale dell’architetto e pittore Federico Buzzi, nato a Milano e attualmente residente a Genova. Vincenzo Baratella, curatore della rassegna, dopo i saluti ed i ringraziamenti ha sottolineato come la Galleria di Via Fiume abbia mantenuto ed è intenta a conservare un trend qualitativo notevole con firme di rilevata importanza nel panorama artistico nazionale, alcune inserite nelle pagine di storia dell’arte. Buzzi sin da giovane ebbe modo di conoscere i grandi artisti del secolo scorso che frequentarono la casa del padre, anch’egli noto architetto milanese. La ricca collezione dei dipinti del primo Rinascimento e le opere degli artisti “generazione anni Venti” -come direbbe lo storico dell’arte Di Genova- lo affinarono al gusto estetico del bello nonché alla passione per la pittura. Il contatto diretto con gli ambienti accademici e le nuove proposte da Fontana a Castellani maturarono la predisposizione; Carlo Carrà, Sironi e De Chirico furono da stimolo per l’analisi tecnica e per la continuazione del culto della metafisica. Le atmosfere inusuali, “atemporali”, statiche come le statue dell’antichità classica, filtrate secondo l’ottica dei surrealisti, fanno delle pitture di Federico Buzzi la continuazione dei modelli classici e di un nuovo realismo. Buzzi per anni coltivò la pittura quasi in modo privato, senza troppe esibizioni pubbliche, proponendo le opere in circoli intellettuali e collezioni private. La ricerca costante e il desiderio di approdare agli obiettivi fissati hanno legittimato solo negli ultimi anni il contatto con i centri espositivi e con le gallerie. Pittura di non facile decodifica poiché nella composizione del quadro, a seguire l’excursus tra le vestigia greche, Buzzi dà all’oggetto la peculiare funzione simbolica. L’impalcatura esecutiva non si estranea dalla ricerca scenografica, né dalle geometrie che  sono proprie della professione di architetto. Il Curatore  ha concentrato nel un comune denominatore “lo spirito classico come architettura dell’anima” la ventina di quadri in esposizione facendo emergere l’intento introspettivo delle pitture di Federico Buzzi. La mostra, aperta con ingresso libero tutti i giorni feriali dal lunedì al venerdì, dalle 16,30 alle 19,30, in Via Fiume, 18, continuerà fino all’11 ottobre prossimo.



Federico Buzzi spiega le sue opere
Momento della presentazione
 Momento dell'inaugurazione
Momento dell'inaugurazione
Federico Buzzi commenta un suo quadro


Anna Maria Alessandrini e Patrizia Calovini allo Studio Arte Mosè

 ANNA MARIA ALESSANDRINI
Passione: una parola in cui forse oggi crediamo troppo poco, schiacciati come siamo dal peso di una quotidianità che nella maggior parte dei casi siamo stati costretti a vivere.
Nel corso della storia e delle epoche il suo significato è stato attribuito a forti sentimenti di sofferenza, ma anche ad emozioni intense che, se non controllate dalla ragione, possono portare l’uomo a scelte irrazionali e dirompenti, ma qualora si riesca a incanalare nella giusta direzione questo turbinio di umori, la passione può rivelarsi una forza creatrice necessaria al progresso stesso dell’umanità.
Affascinata da questa spirale infinita di energie, Anna Maria Alessandrini ha deciso di trasmetterci l’importanza che per lei questo sentimento riveste nella nostra esistenza.
Per parlarci di un sentimento così complesso e controverso, Anna Maria Alessandrini si serve principalmente di tre simboli prelevati dalla natura: la mela, la ciliegia, e la rosa. Questi tre elementi hanno storicamente rappresentato le varie ed infinite sfumature che la storia ha attribuito alla passione: la sofferenza di Cristo, la bellezza femminile, e l’attrazione sessuale verso una donna, e ci vengono offerti da delle vestali eteree dall’incarnato lunare, camaleontiche figure il cui scopo è quello di esaltare il significato dei simboli.
Oltre alla celebrazione, c’è spazio anche per parlare dell’eterna battaglia tra ragione e sentimento, la quale è forse la principale fonte di sofferenza dell’uomo contemporaneo. L’impossibilità di fare della propria passione il centro della propria esistenza dilania l’uomo conducendolo a continue lacerazioni dell’animo, e per questo la nostra mente si divide a metà. Tra l’essere e il voler essere si frappone una grata, per cui le due condizioni rimangono ben distanti e distinte tra loro, come quando la purezza della geometria con le sue forme precise non riesce a combaciare con quelle simboliche e complesse della mela o della rosa.
Dalla rappresentazione estetica della natura esterna, occasione per un ulteriore esercizio tecnico, l’artista esprime oggi un rinnovato interesse per l’introspezione interna degli oggetti stessi e dell’animo umano. Con l’ausilio del suo tratto preciso e definito e dei colori sfumati meticolosamente, l’universo della passione è questa volta interiore, l’obiettivo è scandagliare le pieghe più nascoste della psiche attraverso una simbologia quotidianamente riconoscibile.
Personalmente, definirei questa mostra dell’artista Anna Maria Alessandrini ….. un tentativo di sondare le dinamiche più complesse e affascinanti dell’animo umano a partire da un sentimento fondamentale. La stessa scelta dell’artista rappresenta una sfida personale, sfida che è pronta ad affrontare proprio perché forte della propria passione per la pittura, e quest’impulso trasuda dalle sue tele e ci arriva senza subire deviazioni ma colmandoci di ammirazione.
Giulia Naspi.
Opera di Anna Maria Alessandrini
Opera di Anna Maria Alessandrini

Opera di Anna Maria Alessandrini
























PATRIZIA CALOVINI
“Patrizia Calovini gioca con le accattivanti seduzioni del surrealismo e della metafisica, attraverso una figurazione raffinata e cromaticamente intensa. Mondi diversi tra loro, si aprono improvvisamente in una magia formale che coinvolge l'intero impianto dell'opera, che non rifugge ad una diffusa ironia...” (Silvia Arfelli )..."
..."Ma sempre queste immagini irreali, dalla pelle pulita dal flusso della luce, per l’inquietudine che evocano, per il particolare di un foulard annodato in testa, di uno scollo dell’abito, di una fila di bottoncini stretti dentro le asole del vestito, si legano saldamente alla nostra vita, come direbbe Anna Banti al “nostro attimo terrestre" ... (Iride Carucci)
..."La costruzione spaziale ricorrente nelle opere di Patrizia Calovini è spesso delimitata da un’architettura che emana echi a noi familiari e che permane nella nostra memoria archetipica negli interni di Piero della Francesca, nelle espressività giottesche, nei giochi prospettici.
Tutto quel che poi nel Novecento sarà amalgamato nel movimento metafisico, è reinventato dall’artista... Le opere galleggiano in un vasto limbo del luogo-non luogo, abitato da volti che attraversano il tempo, ma che trovano il loro rigore nel grande omaggio allo stile del passato”... (Giulia Naspi)

Patrizia Calovini, di origine altoatesina è anconetana di adozione. I suoi studi comprendono il diploma di Maestro d'arte, Istituto d'Arte di Trento, il diploma di grafica pubblicitaria, Ateneo 3A di Milano e il Diploma di Pittura dell'Accademia Di Belle Arti di Macerata. Sono esposte due opere alla Pinacoteca Comunale di Ancona, nella sezione Arte Contemporanea e una al Museo Diocesano di Jesi. Ha partecipato alla 54 Biennale di Venezia per la regione Marche, nella sede di Urbino.
Opera di Patrizia Calovini
Opera di Patrizia Calovini


Comunicato stampa

“PASSIONE”
Mostra  delle pittrici
Anna Maria ALESSANDRINI e Patrizia CALOVINI
Studio Arte Mosè 
dal 1 al 20 settembre 2018
Uno straordinario evento che non mette a confronto due pittrici, ma offre un continuum e una integrazione scambievole ad un tema dai molti risvolti. Sabato 1 settembre 2018 alle ore 18,00 lo Studio Arte Mosè di Rovigo presenta Anna Maria Alessandrini e Patrizia Calovini, due Artiste anconetane  che hanno mostrato giovanissime l’inclinazione all’arte privilegiando studi della materia. Patrizia Calovini, altoatesina di nascita, ha conseguito il diploma di Maestro d'arte, Istituto d'Arte di Trento, il diploma di grafica pubblicitaria, Ateneo 3A di Milano e il Diploma di Pittura dell'Accademia di Belle Arti di Macerata. Ha partecipato alla 54^ Biennale di Venezia per la regione Marche, nella sede di Urbino. Entrambe curano la Galleria Puccini di Ancona. “Passione” è il tema della rassegna di Rovigo: una ventina di opere per enunciare un argomento così complesso e ricco di molteplici interpretazioni semantiche. Secondo Giulia Naspi “Anna Maria Alessandrini si serve principalmente di tre simboli prelevati dalla natura: la mela, la ciliegia, e la rosa. Questi tre elementi hanno storicamente rappresentato le varie ed infinite sfumature che la storia ha attribuito alla passione: la sofferenza di Cristo, la bellezza femminile, e l’attrazione sessuale verso una donna, e ci vengono offerti da delle vestali eteree dall’incarnato lunare, camaleontiche figure il cui scopo è quello di esaltare il significato dei simboli”.  Patrizia Calovini  sviluppa  la tematica attraverso la figura femminile con un realismo surrealista in modo da esprimere una sottile sensualità che si scopre  da creature  spesso di spalle e in pose esplicitamente teatrali. Entrambi le pittrici attraverso tutta la gamma dei colori e la bellezza  della figura femminile esprimono  in maniera esauriente e con pudica rappresentazione il significato del sentimento della passione.
La mostra allo Studio Arte Mosè, in Via Fiume, 18  a Rovigo sarà visitabile:
dal 1 al 20 settembre 2018   
tutti i giorni feriali, ingresso libero,

dal lunedì al venerdì dalle 16,30 alle 19,30
































La Settimana

Il Resto del Carlino
Il gazzettino, 1.9.2018
momento inaugurazione
momento inaugurazione




scultura in bronzo di Patrizia Calovini, "Eterno femminino"
Opera di Patrizia Calovini
Opera di Anna Maria Alessandrini
Opera di Anna Maria Alessandrini
Da sinistra P. Calovini, A.M. Alessandrini e la giornalista Maria Chiara Pavani.






MASAMI TERAOKA. La santità laica tra occidente ed oriente.

MASAMI TERAOKA.
La santità laica tra occidente ed oriente.
Amicizia? Se si considera la lontananza che ci separa è un concetto azzardato; tuttavia il rapporto epistolare, comunicativo, spontaneo di stima, la condivisione per l’arte bella, concettuale, senza pregiudizievoli vincoli, senza condizioni, allora siamo amici. Conoscenza lontana nel tempo, frutto di alcune recensioni e di un mio breve giudizio positivo su quella che mi giungeva agli occhi e al cuore come una pittura sincretica nella fusione tra occidente ed oriente. Masami nasce in Giappone a Onomichi (Hiroshima) nel 1936; completa  gli studi nel 1959 presso la Kwansei Gakuin University a Kobe laureandosi in  Estetica. Nel 1961 si trasferisce negli Stati Uniti; a Los Angeles nel quadriennio 1964-68 frequenta l’Otis College of Arte and Design ottenendo laurea e un master in Belle Arti. Le origini nipponiche hanno conservato il gusto e la predilezione per l’arte del Sol Levante soprattutto nelle forme sinuose della donna e nel tratto morbido, ma deciso del disegno e nelle interpretazioni del mare, frastagliato nei flutti come pizzo veneziano; chiare reminiscenze dei periodi Azuchi-Momoyama e dell’opera di Utamaro e di Hokusai, che tanto influenzarono i maestri occidentali, nella fattispecie Van Gogh, Monet, Manet, Pissarro e l’Art Nouveau. La grande onda, la formazione intellettuale del “mondo fluttuante” nel suo complesso sono le radici sulle quali Masami imposta la narrazione pittorica. La cultura Ukiyo dinamica, irruenta, contestatrice è il veicolo per le tematiche forti  quali l’AIDS, l’attacco dell’11 settembre, la questione ecclesiastica. L’amore per la pittura italiana ed europea dal tardo Medioevo al Rinascimento emerge nell’allusione ai particolari delle grandi opere e nella interpretazione obiettiva della religiosità profusa di ipocrisia. Nell’affermare il primato del trascendente sulla ragione e sulla scienza la Chiesa ha adottato qualsiasi mezzo e l’inquisizione è stata l’arma per sacrificare il pensiero libero, lo sviluppo sociale e la femminilità giudicata peccaminosa nel corpo e nel contempo abusata in maniera perversa e non senza risvolti di crudeltà. L’ambiguità tra i chiostri, The Cloisters, ha la forza espressiva di denuncia e di racconto: compattazione tra occidente ed oriente nella cronaca di ciò che successe tra le antiche mura dei monasteri, geishe violate e comparazioni con contemporanei abusi sui giovani dai prelati americani. Le metafore di Masami, negli acquarelli e negli oli, oltre la lettura erotica dei soggetti -avvenenti signorine, sex symbol, streghe, frati, vescovi e papi- danno messaggi di straordinaria attualità e critica sociale. Il soggetto maschile, secondo la funzione narrativa, trattasi di AIDS, viene criptato in pescegatto gigante, piovra tentacolata… propaggini peniche attive nella trasmissione del virus in acque agitate da grandi onde. Masami Teraoka nella campagna informativa non si esime dall’esporre la prevenzione: il preservativo. Ancora una volta la donna impersonata nella trattenitrice giapponese, davanti al maschio contagiato dalle occhiaie bluastre, mette a disposizione il preservativo (Tale of a Thousand Condoms Series). Sono convinto che lo spettatore italiano medio, meno emancipato del contemporaneo americano, abbia ancora dell’imbarazzo nell’impatto con un’arte libera da complessi e da un’inculturazione clerical-cattolica, tuttavia è doveroso mostrare l’incondizionata santità laica di Masami. Quella che fa ergere la torre di Babele, -fa parte delle opere presenti al Museum of Art di Honolulu- medioevale nella rappresentazione, ma attuale nella simbologia delle torri gemelle, con monache, spose e stuprate gravide di dubbie paternità. E’ sempre nelle spire delle megalopoli, nelle torri di Babele, che prolificano i McDonald produttori di hamburgers e colpevoli del precariato lavorativo. Masami è cronista fecondo ed obiettivo con linguaggio pittorico incisivo e ricco di cultura. Vincenzo Baratella©.
Foto dell'Artista Masami Teraoka
La vasta produzione di Masami Teraoka ha all’attivo oltre 70 mostre personali itineranti; da menzionare: quelle organizzate dal Whitney Museum of American Art nel 1980; The Contemporary Museum, Honolulu (ora noto come Honolulu Museum of Art Spalding House) nel 1988; e la Yale University Art Gallery nel 1998. Nel 1996 è stato protagonista di una mostra personale presso la Arthur M. Sackler Gallery, Smithsonian Institution e nel 1997 presso l'Asian Art Museum di San Francisco. Le Sue opere sono presenti in 50 collezioni pubbliche in tutto il mondo, tra cui il Crocker Art Museum, Sacramento, CA; i musei delle belle arti di San Francisco; l'Asian Art Museum di San Francisco; lo Smithsonian American Art Museum, Washington D. C .; il Museo dell'Arte di Honolulu, Hawaii; il Museo d'Arte della Contea di Los Angeles; il Metropolitan Museum of Art, New York; la National Portrait Gallery, Washington D. C .; Tate Modern, Londra, Inghilterra; la Galleria d'arte del Queensland / GOMA, Brisbane, Australia; la Galleria di Arte Moderna, Glasgow, Scozia; e il Singapore Art Museum, Singapore. Masami Teraoka è stato due volte premiato dall'American Academy of Arts and Letters, New York e ha ricevuto due borse di studio dal National Endowment for the Arts. La prima monografia completa sull'artista è stata pubblicata nel 2007. Masami Teraoka ha tenuto conferenze al Whitney Museum of American Art, all'Asian Art Society, all'Institute of Fine Arts / NYU e alla Brown University. Numerosi sono stati i dipinti commissionati, fra i quali: Samurai Businessmen per la copertina del TIME Magazine del 30 marzo 1981 e Green Rabbit Island per la State Foundation for the Arts and Culture, Honolulu, Hawaii. È rappresentato dalla Catharine Clark Gallery di San Francisco dal 1997 e da Samuel Freeman a Los Angeles.
 Masami Teraoka, McDonald's Hamburgers Invading Japan . 1975 Aquarello
 Masami Teraoka, Semana Santa/Cloning Eve and Geisha, 2003 olio su tela.
Masami Teraoka, The Cloisters/Arezzo Converters. 2015. Olio su tela. on view at Catharine Clark Gallery.