THE
BAG
UN
AMBIZIOSO PROGETTO
Nonna in altri tempi suggeriva: “Prendi
la sporta… Metti la roba nella sporta”. La borsa era lo strumento di e per il
consumo. L’oggetto in sé includeva la fruizione utilitaristica. Nella saggia,
genuina, mentalità popolare la finalità della borsa era contenitore utile alla
sopravvivenza; portare a casa il necessario. Lavoro, guadagno, compero, vivo.
La circolarità delle azioni per il soddisfacimento del primo tra i bisogni
istintuali; tuttavia il recipiente non è vincolato al solo trasporto materiale,
pure a beni che investono la sfera emozionale e intellettuale. Anche in questo,
come nel primo caso, la sporta è correlata al ciclo biologico, che è in ogni
caso collegato al lavoro, testimonianza di sé, del proprio esistere, delle
prestazioni manuali, specialistiche, artistiche. La “sporta” portare a casa,
accaparrarsi, in senso reale o figurato, il meglio del soggetto e dare agli
altri l’identica opportunità. Nel dare-avere si completa il cerchio biologico; e
non è sola dimensione materiale: “… non di solo pane”. Non è programmata
l’indagine sullo spiritualismo religioso, comunque è efficace citazione per
evidenziare il presupposto dell'intelligere. Pensare, essere (Cartesio), produzione,
remunerazione, alimentazione (sinistra hegeliana, Marx), esistenza e
interscambio sociale (esistenzialismo). Lavoro e veicolarità del pensiero su e
per l'esistenza. Dunque lasciare la testimonianza, la testimonianza sublime,
quella riconosciuta universalmente come forma d'arte. Cosa sia, come e perché è
altro e virare sulla questione estetica crociana esulerebbe dalla funzionalità
della mostra. Per ora é da accettare l’assioma Arte riconosciuta nominalmente tale sic et simpliciter,
universalmente. Forti della spinta emozionale, finalizzata ad autocelebrare
l’unicità vivendi, gli eserciti di artisti veri, autoreferenziati tali,
dilettanti e hobbysti “cavalcano l’onda”. Sorgono spontanee due domande: numero
e qualità e correlazione relativa. Erano tanti gli artigiani greci e abbondante
è la ceramica ritrovata; con identici prodotti fittili esibivano grande
quantità e qualità; furono semplici banausoi.
Numerosi gli artisti medioevali e rinascimentali se nel computo vanno le intere
scuole di bottega; il distinguo fu fatto da pochi. Esiguo, nel contesto
mondiale, il numero degli artisti figurativi nel ‘700 e nell’800; qualità
sublime, quantità esigua. Il secolo scorso, fino ad oggi, ha progressivamente
aumentato gli adepti (sono esclusi i capiscuola e i grandi), che hanno lavorato
sulla ricerca, scadendo in produzioni a volte ripetitive, similari e comunque
fenomenologicamente ovvie. Essere e tempo
danno la dimensione del prodotto artistico: opinabile il risultato, valida
l’intenzione esposta. Assente il
connubio tra l'idea e la concretizzazione della stessa; in molti casi è
latitante la consistenza dell'opera riconosciuta a valenza universale. Attualmente le grandi rassegne pongono
l'intenzionalità, il progetto piuttosto dell'opera realizzata. Vengono sfoggiati
video, comunicati stampa, immagini, installazioni… Domani i nostri figli,
nipoti, le generazioni future che cosa porranno nella sporta? Dove contenere
istallazioni, video-progetti, materiale cartaceo, strumentazioni, monitor…? Impossibile
ricreare e ricollocare i frutti delle grandi esposizioni; ai posteri resteranno
le proposte intenzionali; musei ricchi di pubblicazioni, di CD, di DVD, di file
per ricordare le performance, installazioni, progetti, oggetti contestualizzati
in ville, chiese sconsacrate… Esempio verace, grossolano ma opportuno quello
della sporta, the bag. In essa cosa
mettere? La domanda retorica, senza fini provocatori, pone l’impossibilità di
archiviare ciò che in quasi un secolo è stato esibito. Le Biennali d’arte
internazionali sono (dovrebbero essere) la massima concreta espressione del
pensiero artistico globale; tuttavia in poche eccezioni ho riscontrato prodotti
d’arte musealmente fruibili domani. Il mio parametro per misurare l’arte, a
dispetto di altro, esige l’unione di idea, forma, tecnica e risultante
singolare; invece al presente l’arte è intesa come veicolo di messaggio
critico, distruttivo; sovente denuncia, in limitati casi propositivo. Manca
dunque l’oggetto, pur esso vettore, tangibile, esteticamente migliore rispetto
alla mediocrità del prodotto comune. Nel medioevo: Cristi, Santi, Madonne;
oggigiorno: denuncia alle ecomafie, all’alterazione dei suoli, al
surriscaldamento del pianeta, alle energie sporche, al degrado urbano e
suburbano, al terzo, quarto e quinto mondo. E ancora installazioni, video,
muraglie imbrattate per esporre gli stessi concetti o altri relativamente
innovativi nel proporre modelli di vita, d’insediamenti e di sfruttamento delle
differenti aree della Terra. Tutto meravigliosamente lodevole quando rientra,
così per caratteristiche proprie, nella ricerca scolastica, accademica,
giornalistica, televisiva o antropologicamente approfondita (il mio pensiero va
in automatico al padiglione dell’America Latina, all’Arsenale di Venezia, dove
le voci, dagli altoparlanti, segnavano le peculiari identità fonetiche delle popolazioni
indigene). Le generazioni del terzo millennio, bombardate da informazioni
continue dei media, da internet, predisposte a conoscere ancor di più nello
specifico, troveranno risibile il messaggio già obsoleto da conservare. E
ancora un esempio esplicativo. Israele ai Giardini della 56^Biennale ha rivestito con copertoni usati
d’auto le intere facciate del padiglione; una sorta di maglia nera, un assemblaggio
modulare con pneumatici portati direttamente dallo stato mediorientale. “Il
progetto Archeology of the Present (nota
bene il termine: progetto quindi, non opera), uno dei più ambiziosi di Geva
Tsibi… i pneumatici attestano uno stato di pericolo, sono la presenza di un
materiale forte e comunicano un’intensa e pressante dichiarazione visiva
politica”. Questo il comunicato stampa. Ma alla fine di novembre chi si farà
carico del riciclaggio del rifiuto speciale gomma usata? Sarà riportato tutto
nello Stato di provenienza? Rimarrà in sito? E quale sarà la memoria
storico-artistica trasmessa dalla Biennale internazionale delle arti di
Venezia per le generazioni future?
L’esempio non è circoscritto, ma da estendere alla più parte dei padiglioni, alle
rassegne collaterali e alle mostre contemporanee in Italia e non-. C’è il
sentore di una regia occulta all’interno del villaggio globale: la strategia
del disfattismo concettuale al fine di circoscrivere il pensiero libero
individuale. L’addetto ai lavori, l’artista, è fuorviato, è frastornato dalla
miriade di messaggi, è lusingato dalle prove
innovative, ego-isticamente desidera emergere, perciò abbandona il gusto
estetico, contenutistico-formale dell’opera per sperimentazioni. L’approdo è
dunque nella ricerca, che, come tale, è puramente intenzionale. E purtroppo le
tematiche, adatte a far breccia sulla massa, si ripetono: guerra, violenza,
ecologia, ecomafie, degrado, sfruttamento, effetto serra, risorse esauribili,
fame… Shock Arte, Popular Art, Body Art, Land Art, ecc… per agganciare,
sorprendere, incuriosire, coinvolgere. Nella periodica ripetizione, da oltre
mezzo secolo, intenzionale dei contenuti cosa metteremo nella borsa delle
testimonianze? Nella ricaduta documentaria scopriremo tra le fonti pneumatici,
segmenti di travi secolari del Palazzo Mora, cumuli di segatura, coaguli di
resina, muri di villa zonati di colore a mo’ di Mondrian, tubi aerei di
policarbonato nei quali la spinta pneumatica fa scorrere palle bianche di gomma
e tutto per “porre questioni -come afferma l’artista ungherese- sulla
sostenibilità”. E ancora che ne saranno degli abeti mobili del Padiglione
francese, degli specchi rotti, dei legni vecchi dell’Azarbaijan, delle
bacinelle multicolori in plastica collocate nel Pavihão de Angola? C’era forse
bisogno di citare Brian Eno, nella maestosa cornice di Palazzo Pisani, al
“Benedetto Marcello” per fare ciò che suggeriva, all’età dei dinosauri, il mio
professore di disegno delle medie? “Ragazzi provate a fare un ornato -così chiamava
il disegno libero- ascoltando la radio”. La casualità cromatica era favolosa;
la stessa che ho rivisto mezzo secolo dopo. Ho ritenuto opportuno conservare
una memoria storica: le sportine… comunque vuote! Nel futuro è mia intenzione
riempire d’arte i contenenti attraverso il reclutamento
di Artisti che possano lasciare la testimonianza
significativa. Un gruppo, senza ripetizioni della Nuova Figurazione di
Bonito Oliva; una scuola, non
certamente la rinascita di Barbizon; un manifesto, senza scomodare Marinetti,
Tzara, Breton; un programma, senza
l’esaltazione del capo; un recupero dell’arte propositiva, fuori dagli atelier,
condivisibile nel sinolo di materia-forma-idea. Nella bag è mia intenzione
mettere, e destinare alle generazioni future, prodotti singolari, museali, capo-lavori,
universalmente riconosciuti tali, fatti con testa e perizia tecnica… Per ora la
presente è ambizioso progetto. Vincenzo Baratella
TESTIMONIANZE DELL’ESPERIENZA ARTISTICA
Abbiamo bisogno di ricordare? Esistono
memorie rigide e virtuali, strumenti per ricordare, ma quale valore, che senso
ha soprattutto che cosa vogliamo conservare nella nostra mente per dare e
riscoprire un senso nel tempo? Osservare opere d'arte, delle installazioni, video
ha ancora un significato tale da chiedersi se vale la pena o meno ricordare? I
supporti tradizionali vengono tutt'oggi usati. Semplici, utili, variopinte borse
di stoffa sono un esempio di questo tentativo. Un'idea può essere pubblicizzata,
memorizzata grazie alla stampa su bag. Alla Biennale tante variopinte bag sono
state usate: parlano d'arte, in un contesto storico come Venezia con i suoi
palazzi dalle strutture geometriche particolari realizzate con l’uso di marmi
dalle diverse colorazioni a quei tempi qualcosa di nuovo non solo visivamente,
ma anche dal punto di vista sociale e culturale ed il messaggio è rimasto
inalterato sempre nuovo, interessante. L'armonia di Venezia riesce ad
accogliere nuove espressioni estemporanee a dar loro significato, dimensione.
Un dato storico inalterato, ma pronto alle provocazioni, alla modernità, alle
espressioni impreviste, impensabili. Tante borse, tanti idee?
Emanuela Prudenziato
DAL 5 AL 24 SETTEMBRE
ALLO STUDIO ARTE MOSE' DI ROVIGO LA MOSTRA "THE BAG"
Sabato
5 settembre alle ore 18 lo Studio Arte Mosè inaugura, con il titolo the bag,
una singolare e provocatoria mostra. E’ una rassegna con grandi artisti, già
entrati nel plauso del pubblico e della critica e indubbiamente nella storia
dell’arte; sono gli artisti che contrastano con le manifestazioni oramai
sfruttate nelle istallazioni, nei progetti, nelle arti informali e socialmente
“impegnate”. La mostra di via Fiume, 18
a Rovigo è l’inizio di un programma ambizioso: un progetto per recuperare
l’arte leggibile, figurativa, tecnicamente superlativa da lasciare ai posteri.
La sporta è da sempre il mezzo per
appropriarsi di un bene e trasportarlo alla peculiare designata destinazione.
Nella bag è intenzione del curatore Vincenzo Baratella mettere, e destinare
alle generazioni future, prodotti singolari, capo-lavori, universalmente
riconosciuti tali, fatti con testa e perizia tecnica. La rassegna è liberamente
visitabile dalle 16,30 alle 19,30 dal
lunedì al venerdì fino al 24 settembre p.v.
Si ringrazia RADIO ROVIGO NET e Direttore Dott.ssa Chiara Paparella.
Artisti in mostra:
Marco Manzella
Marco Manzella, La tuffatrice.
Gentile Vincenzo Baratella, mi ha fatto piacere risentirti ieri [2.9.2015] e vedere
che sei sempre attivo e pieno di idee. Ho letto il tuo testo e lo condivido,
soprattutto quando parli di proposte
artistiche ridotte ormai solo a progetti, non ad opere finite. Non ho ancora
visto questa Biennale, ma già nella precedente abbondavano materiali esposti
per sottolineare complicati "processi creativi" Che facevano poi arrivare
a chiedersi alla fine :"si...va bene, ma l'opera dov'è"?. Continuo a credere alla pittura di qualità e al lavoro serio,
"artigianale", del buon artista, […] Apprezzo la tua iniziativa e sono contento di
farne parte. Mi aggiornerai sugli sviluppi, d'accordo? Un saluto e auguri di un
buon esito delle tue iniziative. Marco www.marcomanzella.it.
Leopoldo Marciani
Leopoldo Marciani, Sulla spiaggia
Osvaldo Forno
Osvaldo Forno, Il testamento
Giuseppe Biguzzi
Giuseppe Biguzzi, Fanciulla
Mosè Baratella
Mosè Baratella, La famiglia
Edi Brancolini
Edi Brancolini, Conversazione
Alessandro Bulgarini
Alessandro Bulgarini, Tempus edax rerum