L’incessante
ricerca di Angelo Prudenziato
Con
una tesi sugli affreschi di Giotto agli Scrovegni Angelo concluse all’Accademia
di Belle arti di Bologna l’iter degli studi iniziati a Venezia. Il maestro ed
amico Virgilio Guidi, trasferitosi nel capoluogo emiliano, portò al seguito e
al diploma il giovane rodigino, già allievo di Saetti e di Morandi. Correva
l’anno XIV dell’era fascista, anno pieno di fermenti per le arti che dovevano
in tutti i modi celebrare l’impero, la grandezza di Roma ed il suo Duce. Le
dinamiche del brucia il vecchiume, via biblioteche stantie e guerra igiene del
mondo, come aveva esposto nel Manifesto del Futurismo già nel 1909 Filippo
Tommaso Marinetti, erano incentivi propulsivi alla ricerca per i quali era
quasi impossibile frenare i giovani artisti recalcitranti. Angelo, nato nel
1907, a Borsea, un borgo periferico della città di Rovigo, avvertiva i
cambiamenti e gli stimoli per nuovi codici comunicativi dell’arte: il futurismo
divenne occasione. Forte il sodalizio con i futuristi con i quali instaurò un
legame di amicizia e di scambi informativi. Nel 1932 inizia la carriera
artistica alla rassegna di Ca’ Pesaro e l’anno seguente alla prima Mostra Nazionale d’Arte Futurista di Roma.
A Lonigo presenta tre capolavori con soggetto scientifico: Industria oggi, Bolide-strada e Saccarosio (opera esposta di
recente allo Studio Arte Mosè). Nel 34 è un protagonista alla Prima Mostra Sindacale d’Arte Polesana,
presentando un autoritratto con testa fasciata di reminiscenza vangoghiana. Ai Littoriali della Cultura a Roma, oltre
ad incisioni e bozzetti pubblicitari espone Atleta
in riposo. Nell’estate del 1936 il Salone del Grano lo vede segretario ed
artefice della Seconda Mostra Sindacale
d’Arte Polesana (in quell’occasione figurano le opere di due concittadini
Milani e Fioravanti). E’ da evidenziare che gli anni Trenta, parallela alla
produzione innovativa futurista, Angelo concepì straordinari ed eleganti
nudini, figure di donne con un realismo accademico ineguale. Le contingenti
necessità esistenziali avviarono Prudenziato alla professione d’insegnante. E’
a Palermo nell’autunno del 1936 fino al 1940; dal 1940 al 1943 è a Napoli e dal
1943 al 1946 è a Cecina di Pisa. Nel 1947 entra in ruolo come insegnante a
Rovigo; l’anno successivo si sposa. Nell’aneddotica del Maestro vale ricordare:
dipinse “Giornata grigia a Venezia”
in Sicilia per la XXII Biennale di Venezia imprimendo nel quadro la desolata
atmosfera lagunare portata nel cuore piuttosto che ripresa dal vero. Lo scorcio
di paesaggio con una garitta, il cono vulcanico del Vesuvio il mare partenopeo
non gli evitarono l’arresto da parte dei ufficiali tedeschi (1942), che lo
ritennero una spia atta a fissare le postazioni militari sensibili… il preside
della scuola venne in aiuto per far scarcerare l’esuberante matita; gli schizzi
saranno preziosi fermi immagine per le incisioni. Trasferito a Cecina di Pisa è
instancabile incisore di paesaggi; gli anni quaranta è ispirato da cipressi,
palme, stradine abbarbicate sui declivi, case contadine, borghi. Con meticolosa
precisione ritrae aquile, caprioli, cavalli, pecore, asini in un continuum
instancabile come prove grafiche per affinare il “periodo anni cinquanta” degli
animali da cortile. A ragione è opportuno suddividere, con scansione quasi
decennale la prevalenza tematica di Prudenziato: dopo anatre, galline, faraone,
galli… negli anni sessanta si presenta al pubblico rodigino come gallerista. Su
Corso del Popolo dà vita alla galleria Eridano
presentando i maestri conosciuti e già entrati nella storia dell’arte
unitamente ad alcuni polesani emergenti. Allestì personali di Virgilio Guidi,
Cesco Magnolato, Bruno Saetti, Gina Roma, Gastone Breddo, Ottorino Stefani…
Tuttavia il clima culturale del capoluogo polesano, troppo ottusamente
circoscritto, non supportò le aspirazioni, né aiutò i voli dell’artista,
mortificato nella stagione dell’insegnamento; anzi fu osteggiato quando si
attivò per l’apertura di un istituto d’arte a Rovigo. Negli anni Settanta,
ricchi di trasformazioni sociali, politiche e culturali, Angelo riprende la
sperimentazione: stampa le cortecce. E’ il trait-d’union tra l’uso classico
della pratica dell’incisione, il recupero della bellezza della natura ed un
linguaggio nuovo d’arte. Quante legittimazioni per la scelta dei colori, i
verdi e le ocre, le zone d’ombra naturale nello spessore impresso sulla carta…e
la vecchia cartella di scuola capiente contenitore per la raccolta delle scorze
di platano ancorata alla canna della bicicletta. In mostra, accanto ad opere
significative di Angelo Prudenziato ho voluto riproporre La bicicletta, sintesi di un concetto e di una stagione. L’opera
straordinaria è stata vista dal pubblico solo una volta e precisamente nel 1981
a Palazzo Roncale, l’anno dopo la morte dell’artista. ©Vincenzo Baratella
A.Prudenziato, acquaforte, 1954, Corso del Popolo di Rovigo
A.Prudenziato, cortecce e acquaforte, La bicicletta, 1970
Angelo Prudenziato