Dal classico alla popular art
Esiste un’evoluzione
nell’espressione artistica che rispecchia la cultura, la mentalità, il modo di
vivere, pensare della gente senza alcuna distinzione di classe. Molto spesso
tuttavia quando si parla di arte vi è un riferimento ad una rappresentazione
leggibile in cui riconoscersi e ritrovare la propria identità sociale.
Nell’arte che rappresenta oggetti familiari, personaggi famosi si raggiunge una
incredibile vicinanza con qualcosa di passeggero, che rimanda ad una realtà
momentanea, un istante di affermazione del proprio essere, per poi inseguire
altre mode, altri scoop, avvenimenti che colpiscono l’attenzione dell’opinione
pubblica che a sua volta si identifica con il successo immediato ed il suo
ricordo. L’arte fagocita se stessa per ritornare sempre diversa, imprevedibile
sotto forme nuove per colpire l’osservatore e poi sparire e ricominciare un
gioco senza fine e privo di una identità precisa, definita; non è più punto di
riferimento, ma può diventare in qualche caso un buon affare. Insomma solo
soldi, non serve il contenuto rappresentato, ma il nome di chi ha avuto l’idea,
il coraggio di sfidare per la prima volta e quindi segnare una spaccatura con
la comunicazione tradizionale. L’oggetto raffigurato, la situazione possono
essere comuni, scontati, non avere nulla di particolare, ma rimane l’atto, la
volontà di colui che ha deciso di usarli e farsi identificare con loro. L’arte
classica rappresenta equilibrio, armonia, un discorso simbolico, analitico non
sempre d’immediata lettura per la massa. Ragion per cui può rimanere come
qualcosa di piacevole, di bello, ma pur sempre lontano dall’esperienza della
banalità faticosa del quotidiano fatto di cibo straniero, gusti che dovrebbero
creare esaltazione esistenziale, risolvere problemi anche affettivi. (hamburger
per incontrarsi, ritrovare legami familiari…). Come creare allora un
collegamento fra la consuetudine giornaliera e il linguaggio dell’arte?
Riuscire a coinvolgere il fruitore di un’opera d’arte significa saper leggere
nel suo animo. Piero Costa. La sua realizzazione pittorica è un’interpretazione
ironica dell’opera di Juan Sanchez Cotan. Nella natura morta con cardo Costa ha
inserito, al posto della cacciagione ed altri soggetti naturali, un paio di
scarpe da tennis; anche quest’ultime sono un oggetto privo di una qualsiasi
funzione se non indossate come la frutta e la verdura una volta colte perdono
la loro esistenza vegetativa. Il gesto
pittorico dell’artista Paolo Rigoni bene interpreta la condizione esistenziale
contemporanea con la realizzazione di una tela costituita da fogli di
quotidiani nazionali ed esteri alle spalle di un uomo che grida. L’espressione
è la conseguenza di una realtà che molto spesso utilizza i mezzi di
comunicazione virtuale per creare disorientamento, incertezza e controllare
meglio le masse ormai ebbre di news: mondo virtuale che si confonde con il
vero. Un urlo di disperazione esistenziale che ricorda l’opera di Munch, anche
se la tematica storicamente si differenzia. Dal punto di vista tecnico nel quadro di Munch la figura umana è
deformata per motivi psicologici ed
appare nella sua essenza; nell’opera di Rigoni l’individuo è alle
prese con una situazione che costantemente, quotidianamente gli sfugge, pensa
di leggere la verità, la notizia utile, interessante, importante sul giornale
che subito dopo perde nel tempo il suo valore
e deve essere accantonato; ciò che rimane è solo un pacco di carta: la
sola cosa che può essere ancora adoperata. Una tecnica similare viene
utilizzata da Lino Lanaro. Nei suoi quadri molto spesso la base è costituita da
giornali, di cui evidenzia qualche titolo, in connessione con l’argomento
proposto. Oltre a ciò si richiama alla rappresentazione di personaggi
conosciuti a livello internazionale come il defunto presidente della Cina: Mao.
Profumo di donna è il titolo dell’opera che presenta l’immagine di una sfinge:
icona della civiltà egiziana e simbolo per eccellenza dell’indecifrabile
spirito femminile, in connessione una donna, in abito rosso, colore legato alla
rappresentazione del sentimento, in posizione
rannicchiata, quasi fetale. Il quadro offre elementi molto vicini alla
sensibilità di un pubblico vastissimo e non hanno bisogno di presentazioni.
Giorgio Grossi. Le sue sperimentazioni avvicinano ancor di più l’osservatore in
quanto pur esprimendosi con materiali non sempre usuali ne rappresentano e
sostengono l’idea: la prima opera realizzata con il cemento è un chiaro
riferimento al paesaggio dell’entroterra riminese mentre la seconda è legata agli
affetti familiari e© ai luoghi usuali con la tecnica del collage atta a creare
un caleidoscopio colorato di emozioni, sentimenti, ricordi. Vicentini.
L’immagine è classica con Palazzo Ducale, Piazza San Marco, luoghi che
appartengono all’umanità, patrimonio artistico ineguagliabile unito ad una
presenza perfetta nell’aspetto per l’armonia, l’equilibrio delle forme, ma
contrastante sia per il mezzo di locomozione che usa (bici) sia per la
consistente assenza di vestiario. Comunque in sintonia con il concetto di
bellezza e le sue possibili rappresentazioni. Finotti propone un’incisione
riproducente una forchetta all’interno di una struttura che racchiude un
elemento anatomico femminile (un seno) per parlare della donna, la sua
peculiarità unica di dare la vita, nutrimento, sostentamento fondamentale per
la famiglia attraverso una sintesi grafica. Nicoli. Figure di cavalli dipinti
nella loro eleganza utilizzando un accostamento cromatico che ne individua la
forma e la sostanza, un momento di eleganza plastica. Marcon. Pur nel rigore
del segno, delle procedure incisorie il paesaggio in blu si distacca dalla
consuetudine; un abbaglio di luce e tutto assume una dimensione inusuale.
Calabrò presenta una sincronia fantastica fra musici angelici e campielli veneziani.
Nigiani. In occasione del centenario della nascita ha compattato un simbolico
atelier dell’artista rodigino nel quale campeggia il ritratto di Mosè intento a
dipingere una mucca in un pianoro, rievocando il connubio toscano macchiaiolo
nella tematica e nel vigore tecnico del pittore polesano. Alle pareti vi sono
le riproduzioni miniaturizzate di alcune significative opere di Mosè. Sullo
sfondo si stagliano le torri di Rovigo. Mosè con la sua maestria pittorica
raggiunge alti livelli espressivi coinvolgenti sia per gli argomenti affrontati
e sia per i soggetti proposti. Emanuela
Prudenziato©.
Impero Nigiani, Omaggio a Mosè, olio su tela
Mosè Baratella, Polifemo, olio su tela
Piero Costa, Omaggio a Cotan, olio su tela
Mariano Vicentini, Nevicata a Venezia, olio su tela
Claudio Nicoli, Cavalieri, acquarello
Paolo Rigoni, L'urlo, tecnica mista
Luigi Marcon, Impenetrabile..., acquaforte acquatinta
Lo Studio Arte Mosè,
sabato 18 gennaio 2020 alle ore 18 in via Fiume,18, presenta la mostra “Dal
classico alla popular art”. La rassegna è costituita da una ventina di opere
atte a rappresentare le diverse esperienze pittoriche testimoniate dai lavori di artisti che hanno elaborato, non
solo le diverse tecniche, ma anche il pensiero
delle passate epoche storico-culturali, al fine di offrire un’interpretazione
altrettanto efficace e personale. Sono significativi interpreti: Grossi, con
sperimentazioni inusuali, realizza opere dal contenuto vicino alla sensibilità
comune. Lanaro ci propone le sue icone e
immagini di personaggi storici. Costa,
un non più giovane artista che ha iniziato la sua attività artistica
giovanissimo in America Latina, in Spagna e successivamente a Milano, celebrato
in questi giorni da straordinari reportage di TeleMantova, città in cui attualmente risiede.
Nicoli Claudio, scultore di origine bolognese, già presente a Rovigo e noto ai più per le straordinarie
presenze scultoree che campeggiano in alcune piazze d’Italia, con una fortunata
mostra in Pescheria nuova, dà con un paio di opere un’anticipazione. Rigoni,
asiaghese e umbro di adozione, continua a mantenere il sodalizio con la
galleria anche a seguire i numerosi successi nelle più prestigiose rassegne.
Finotti, scultore veronese, che ha esposto la sua produzione plastica nella
scorsa annata a Matera, città della cultura e a Seul (rassegna internazionale
di scultura) è una presenza nello Studio Arte Mosè. Per Baratella Mosè la galleria
ha commemorato il centenario dalla nascita nonché l’intera vita spesa per la
ricerca pittorica. Marcon, uno tra i più grandi incisori italiani che vanta tra
l’altro una sua immagine prodotta in un francobollo in circolazione in
Germania, è legato ai curatori dello
Studio Arte Mosè sin dagli anni ottanta. Nigiani è presente con un’opera che ritrae Mosè
Baratella nello studio.
Prolusione della gallerista Emanuela Prudenziato; Gli Artisti: destra Nicoli Claudio, a sinistra Mariano Vicentini
Momento dell'inaugurazione