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IO GUARDO DA FUORI è la costretta rassegnazione per vedere
l’opera attraverso il vetro e, nel contempo, far emergere lapalissiana
dimostrazione che lo Studio Arte Mosè non è privo di stimoli e di proposte in
questo periodo storico pieno di contraddizioni, di presenzialisti, di
arricchiti col dubbio e di troppi poveri certi. La scelta della galleria
all’allineamento alle imposizioni statali è prioritariamente la pandemia. Vero.
Indiscutibilmente certa la peste che impera da oltre un anno, tuttavia se il
decesso per Covid è probabile, la morte per fame è certa. Ad aggravare le paure
sono pure i media che cavalcano l’onda per un’audience smisurata. Nel privato
avanzano le nevrosi, gli stati d’ansia e un necessario bisogno d’affetto; trovo
in ciò la spiegazione vedendo che una famiglia su dieci porta a defecare sulle
vie cittadine il cane. Povera bestiola snaturalizzata al peculiare ruolo
divenendo sostituta d’interscambio sociale. In un isolamento pre-morte
psico-fisica pure gli studenti avvertono il disagio durante le lezioni
digitalizzate a distanza e la mancanza del confronto con i coetanei. E’ proprio
la classe studentesca, quella contestatrice, quella che aborriva le agenzie
educative e le atemporali figure docenti che chiede ora a gran voce il ritorno
sui banchi. In un anno di vissuta “sindrome paguro”, si è dato riconoscimento
all’alta funzione di docere ed educare che travalica la divulgata funzione di
valutare capacità, conoscenze, competenze. E’ emersa la funzione socializzante
della scuola contro una “leopardiana” auto inculturazione; lo studente in quasi
perenne lockdowun ha compreso, e questo è un bene derivato dalle coercizioni,
la vitale necessità del rapporto con gli altri, oltre il pigiama party, che la
scuola dà ed è riuscita a dare. Per gli adulti, si dice eufemisticamente over-,
satolli di pubblicità martellante imperniata a reclamizzare prodotti contro
l’invecchiamento e alle correlate deficienze progressive del meccanismo biologico
umano, mancano gli ospedali della mente: i musei, le pinacoteche, le mostre, le
biennali… Vitamina per l’efficienza fisica, l’acido ialuronico per pelle
giovane, la talcosa per l’incontinenza, altra ancora per la minzione, ancora
per il sonno, per strappi muscolari, per stomatiti, per gengive sanguinolenti,
per la morte prematura; ma nulla per l’anima, la psiche, per la soddisfazione
interiore davanti al bello, per una sana sindrome di Stendhal. Purtroppo la
paura, aggravata dal terrorismo mediatico, imbozzola sempre più l’individuo ad
una solitudine psicologicamente deleteria e devastante. Allo Studio Arte Mosè
la cultura, l’arte, la spinta motivazionale al confronto, alla critica
costruttiva a nuove esigenze proposte (forse anche vecchie) non cessano. La
galleria dà continuità all’imperativo etico per cui è sorta. E #io guardo da fuori è una mediata, sicura
soluzione nell’arcobaleno monocromatico arancione-rosso delle zone tristi; un albio per abbeverare forever lo spirito.
©Vincenzo Baratella
venerdì 22 gennaio 2021
Io guardo da fuori - Studio Arte Mosè
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