Paolo
Rigoni: il recupero della poetica artistica.
Fare dell’arte è un distinguo non da
poco rispetto alla molteplice schiera delle espressioni che si prestano, a
torto o a ragione, nell’attuale società. Benjamin sostenne che la nostra è
l’epoca della riproducibilità. Sotto alcuni aspetti è innegabile l’ausilio
delle tecnologie più avanzate al servizio delle immagini riprodotte. I più
sostengono: “è stato fatto tutto”.
Allora qual è il senso dell’esistenza,
delle emozioni, del vivere dell’anima? Paolo Rigoni dà la risposta. Palesa il
desiderio del recupero della poetica artistica.
L’odierna esplicita richiesta del bene
di facile consumo ha reso desueta la peculiare funzione formativa delle arti e
l’artista prova un nostalgico rammarico, perché sente la dilagante privazione
della fruizione del bello, della meditazione e pensiero sensibile.
La popular art, nelle divergenti
espressioni, per sua natura, s’adatta alle mode, ai desideri, mancando
dell’introspettiva indagine per quella che genericamente è definibile come
produzione da tramandare.
Paolo ha intrinsecamente rimpianto per il compito educativo delle
arti, soprattutto per quelle intellegibili del passato. Mostra il metodico procedere
attraverso le opere: rabbia per il fallito rinascimento della cultura e
dolcezza nel soddisfare l’esigenza intima.
Quando si dedica alle sue creazioni,
siano esse dipinti o sculture, volontariamente si estrania dall’interscambio
sociale; appagato da un intrinseco bisogno di solitudine meditativa e pare che il momento creativo avvenga con una certa
facilità e il tempo fluisca senza essere percepito, il tutto in una dimensione atemporale,
astratta.
Per l’Artista è indicibile
lo stato di benessere interiore nell’abbandono in se stesso; è soddisfatto nell’azione
con cui manipola gli strumenti, la materia, i colori per dar vita a continue
evolutive emozioni. E’ avvezzo all’osservazione ponderata della natura, morta e viva, cercando di
filtrare l’esteriorità con l’occhio dell’interiorità.
Ha maturato una sensibilità personale
verso l’oggetto e un approccio al colore esclusivo, tradizionale e innovativo.
Nell’ossimoro è da rilevare l’attenzione al soggetto da rappresentare, leggibile
e sostanzialmente tangibile, con interveti formali unici e personali.
Rigoni, così confessò in alcune
occasioni, è sempre stato attratto dai grandi maestri; indiscutibilmente si
vede dall’immediata sicurezza della pennellata. Un tocco forte come sono i
pigmenti di colore usati, esaltati dalla brillantezza della vernice fissante
finale che l’Artista sa stendere sull’opera finita allo scopo di evidenziare
l’esplosione del cromatismo.
Tecnica singolare, unica, quella di
Paolo Rigoni: il fondo è dato dal collage sulla tela o sulla tavola di carte, pezzi di scatole, frammenti d’imballaggio, fogli stampati
e pagine di quotidiani… elementi significativi quest’ultimi sia sotto il
profilo meramente esecutivo, sia razionale, sia tematico. Paolo carteggia la
pasta di carta indurita facendo emergere da subito il contrasto chiaroscurale
dello sfondo. E’ il primo momento creativo dell’artista; segue l’intervento con
gli smalti, le tempere e in questo procedere, dà corpo ai soggetti. Lo
sfondo rimane, il testo scritto trapela tra i colori in modo criptato.
L’apparato scenico comunicativo
s’intravvede sotto l’immagine illustrata. E’ la cronaca assillante oltre il
bello. Il sostrato è inquietante, pressante. Sopra le carte incollate, dal fondo emergono le creature sensibili. Ad
uno ad uno appaiono i volti, gli oggetti, il paesaggio.
La pagina di quotidiano spunta a tratti
sulle opere allo scopo di dare dignità sensibile al soggetto trattato in
contrapposizione alla tempesta dei media. L’universalità senza età del
sentimento contro l’imbarazzate bombardamento mediatico.
Ho in mente una significativa opera
nella quale l’individuo stressato dal cumulo di notizie urla. Nell’opera di
Munch la paura è per l’insidia imminente, per Paolo l’urlo è un atto catartico.
L’individuo schiavo delle vicende, esagerate dai mezzi di comunicazione, si
lascia andare nel solipsistico grido liberatorio “basta”.
Il giornale, sul quale si stampano le
notizie, è il mezzo impositivo, controllore di una società oramai avvezza ai
piloti celati, ai grandi fratelli di orwelliana memoria; contro questo
strumento di tortura assidua Rigoni esprime tutto il diniego e nel contempo si
apparta in una natura ristoratrice. L’arte, afferma, diventa “membrana osmotica
che filtra e decanta le tossine prodotte dal mondo moderno”.
Allo sfondo della pagina scritta, il
quotidiano appunto, attribuisce indirettamente con latente superstizione un
potere di protezione con il fine di scongiurare il male, dopo la denuncia. Il
veicolo che può dare ristoro immediato è la natura. Scrupoloso osservatore
s’immerge nell’ambiente per un respiro di poesia rigeneratrice.
Paolo Rigoni ha la possibilità di vivere
nel paradiso dell’ambiente umbro. I declivi aprichi durante la stagione estiva,
le colline smeraldine nei verdi a primavera e i toni forti della vegetazione
nei contrasti di luce al tramonto, rossi in certi giorni e plumbei in altri. Lo
stato d’animo è palese; si respira il conforto sereno dato dall’ambiente.
L’attenzione per le velate sfumature diviene chiave di lettura per rappresentare
il paesaggio; nell’amore per la natura madre consolatrice, schiude le porte
alla decodifica del messaggio poetico e legittima la condivisione emozionale.
Colline soleggiate nelle belle giornate,
gonfie d’umidore e di nebbie sospese nelle stagioni intermedie; ovattati nel clima gotico delle sensazioni sono i
pianori umbri riprodotti con il tocco di un maestro nelle tonalità e nelle
pennellate di getto, immediate, degne della tradizione post-impressionista. C’è
nell’esecuzione di Rigoni il voluto intento del finito e non-. Alcune porzioni,
quelle centrali del dipinto, esaltano la minuziosa abilità; verso i bordi
sfugge alla cura dei particolari per riprendere il leitmotiv contemporaneo,
attraverso la notizia.
Con il piacere nel descrivere, con le
cromie calde, forti, le solide buone cose del passato, pur senza alienare
l’elemento primo dell’ispirazione, Paolo ricolloca gli oggetti. Il vecchio
comò, dipinto in un’insolita prospettiva dall’alto, forte degli anni e
ricco di ricordi come i cassetti che
esibisce, è il punto d’appoggio per le sensazioni che danno vigore al cuore. La
frutta, composta in un revival caravaggesco, in primo piano sul cassettone associata
alla foto-ritratto del lare domestico puntata alla parete, riporta il clima
sereno crepuscolare. Sono i cardini sui quali poggiano le vive e intime gioie
senza tempo, oltre la ridda delle informazioni che si perpetuano sullo sfondo.
Come in un viaggio senza perdere le
radici forti, ecco, dai giochi di luce ed ombra, l’Artista dà espressione ai
volti. Non importa chi sono, né da dove vengono; senza precisa identità sono
comunque effigi dell’intera umanità violata; massimamente in bianco e nero, com’è
l’esistenza grigia degli homeless. I disgraziati del quinto stato, senza
dimora, mostrano rughe di sudicia sofferenza; tuttavia hanno occhi grandi,
maliziosi, atti a carpire ogni espediente. I ritratti hanno grandi dimensioni, proporzionali
alla querela del malessere esistenziale.
Nella raffigurazione umana manca
volutamente la tonalità dell’incarnato ed è difficile cogliere il sorriso; c’è
acuta serenità e fierezza di sguardo al fine di ostentare l’essenza dell’anima
che Paolo ha saputo cogliere. Sotto questo profilo l’arte di Rigoni è
didatticamente colta. Infatti una corposa produzione è stata dedicata “Al
giardino del sapere II”. Il titolo è dato a dipinti nei quali emergono pile di
libri: cataste di volumi, chiusi, aperti, sgualciti. Paolo sa bene che l’unico
mezzo per il riscatto sociale è il sapere veicolato attraverso il libro.
L’umanità bruta è segnata dall’ignoranza
così come la nostra è segnata dal consumismo sminuendo il substrato
intellettuale. Le società, in assenza di erudizione, smarriscono i valori
fondanti, s’accaparrano dei beni futili e voluttuari, perdono l’uso dei sensi e
della ragione, disconoscendo la bellezza interiore. L’artista, con la serie
citata, aspira ad una rinnovata humanitas litterae, con ancora l’Uomo al centro
del mondo. Sente il dovere profetico del vate nel dare e avere cultura; solo in
questo modo l’individuo del terzo
millennio potrà rigettare la futilità dell’ovvio elargita dai persuasori
occulti. Vincenzo Baratella
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Momento dell'inaugurazione
Momento dell'inaugurazione
L'Artista Paolo Rigoni
Momento dell'inaugurazione
La giornalista dott.ssa Maria Chiara Pavani, L'Artista Paolo Rigoni, la dott.ssa Emanuela Prudenziato
Paolo Rigoni è riflessivo, meticoloso nel
processo creativo artistico; i silenzi e le analisi introspettive sono punti
cardine di un operare unico nel suo genere; da una parte legato a momenti
induttivi di alta poetica, dall’altra in tensione verso una costante ricerca
formale, che non abbandona comunque l’esegesi dei grandi. Il
fondo è dato dal collage sulla tela o sulla tavola di carte, pezzi di scatole, frammenti d’imballaggio, fogli stampati
e pagine di quotidiani… elementi significativi quest’ultimi sia sotto il profilo
meramente esecutivo, sia razionale, sia tematico. Paolo carteggia la pasta di
carta indurita facendo emergere da subito il contrasto chiaroscurale dello
sfondo. E’ il primo momento dell’ispirazione dell’artista; segue l’intervento
con gli smalti, le tempere e in questo procedere, dà corpo ai soggetti. Il
testo scritto trapela dai colori in modo criptato. Ad uno ad uno appaiono gli
oggetti, il paesaggio, i volti definiti con pennellate vigorose, degne della
migliore tradizione figurativa del ‘900. Le tematiche spaziano dallo scenario
del paesaggio umbro, diverso nelle stagioni e quindi nelle tonalità, alle
nature morte colte nel lirismo crepuscolare. A seguire i contenuti forti:
giardini del sapere, ovvero i libri per la trasmissione della conoscenza, e i
volti degli homeless: una indiretta denuncia delle diseguaglianze sociali.
Un’arte impegnata quella di Paolo Rigoni. [V.B.]
L’Artista ha
le origini nel ceppo dei Rigoni dell’Altopiano; ha completato gli studi
ad Asiago. Dopo il diploma scopre che la vera vocazione è il golf;
indubbiamente gli aprichi verdi pianori estivi della terra natale lo
entusiasmavano in quella che riteneva una passione, più che uno sport. Tuttavia
le nevi abbondanti e l’impossibilità di coltivare per tutto l’anno attività, lo
costringono ad emigrare in Spagna. Per otto anni si dedica all’insegnamento del
golf; nel contempo la terra d’Andalusia, ricca di stimolo e di cromosomi
artistici pilotano Paolo ad esibire la vera vocazione: l’arte figurativa. Con
tenacia sperimenta molteplici tecniche. La risultante è una pittura,
superbamente superiore alla scultura, piena di luce e ricca di materia.
Singolare la tecnica plurimaterica: alla tela incolla carte sulle quali, una
volta levigate e stese quasi a fondo d’intonaco, dipinge. I soggetti spaziano
dalla natura morta, colta in un realismo di volumi e sensazioni cromatiche
uniche, ai ritratti inquietanti nella esibizione della personalità individuale,
ai paesaggi della terra umbra, attuale approdo dell’Artista.
Sabato 5
marzo alle ore 18,00 lo Studio Arte Mosè di Rovigo presenta la personale di
Paolo Rigoni.
La mostra
sarà visitabile dal 5 marzo al 24 marzo tutti i giorni feriali dal lunedì al
venerdì dalle 16,30 alle 19,30 con ingresso libero.
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