Don
Quijote secondo Impero Nigiani.
Figura controversa
quella di Don Chisciotte, anacronistica per l’epoca che sanciva la fine della
cavalleria. Il Seicento ricco d’innovazioni nel mestiere della guerra e
altrettanto fervido nell’indagine metodologico-scientifica, critico sul primato
della fede, chiude con l’immagine del cavaliere puro d’animo, devoto al
feudatario investitore, pronto al sacrificio e alle grandi imprese, spinto
dalla fede nelle cause giuste contro infedeli, difensore dei deboli e della
donna. La cavalleria secondo la Chanson de Geste vive solo nell’immaginario,
alla stregua del Ciclo Bretone. Lontano dallo spirito di abnegazione di
Orlando, dalla spinta religiosa di Perceval,
dal Sigfrido, novello Achille nella saga dei Nibelunghi, il cavaliere era nella
realtà stupratore, saccheggiatore e poco avvezzo ai principi morali. Per
arginare l’indicibile brutalità la Chiesa intraprese una serie d’iniziative: la
Tregua di Dio e la Pax Dei; Guarino, vescovo di Beauvais, nel 1024 pretese dal
neocavaliere un esemplare giuramento morale. Mecenatismo e corti fecero
rivivere Orlando, i paladini di re Carlo, e gli antagonisti mori, saraceni,
sotto l’ottica dell’umanesimo. Ludovico Ariosto, fruitore della protezione
estense, intrattenne la corte con il cavaliere impazzito per amore. Aggiunse a
corollario maghi, maghe, sortilegi, ipogrifi, castelli incantati. Cervantes,
circospetto nell’interrelazione con la predominante coercitiva Chiesa spagnola,
si pone derisorio della decadente casta equestre. Di questa celebra comunque l’humanitas,
il recupero di valori morali nonché le regole della tradizione. Don Quijote è
l’icona di un mondo in decadenza, che aspira -anche solo nella reminiscenza- ai
fasti di imprese eroiche. Armato di una picca arrugginita, con l’elmo bacinella
di cerusico, assuefatto all’epopea cavalleresca, in sella a Ronzinante, seguito
dall’accondiscendente scudiero, il cavaliere sognatore della Mancha si esibisce
in una giostra di straordinarie, esilaranti, patetiche imprese. Nigiani,
toscano verace, s’investe nella narrazione satirica e dà il la ad una orchestrazione
di contrappunto all’intera opera pittorica con brani che narrano il passato e
nel contempo enunciano il presente. L’Artista legato alla pittura leggibile,
citazionista, con magistrale realismo espressivo, dà energia e attualità al
soggetto apparentemente desueto. Impero Nigiani al cavalletto, come regista,
sotto l’ombrello parasole, fissa le sequenze del film senza escludere il
messaggio etico. L’io narrante del pittore, grazie soprattutto al rigore del
tocco formale cromatico, rigenera l’opera del passato in chiave moderna. I
Picari coevi s’incarnano nelle figure scure di madri, vedove, donne dimesse,
così come il toro nero, picassiano, simboleggia la mediterraneità nel gioco di
colore giallo nero, all’unisono con le tauromachie, con i sogni di potenza di
imperi senza confini o di libertà attese per moriscos e marrani. Nigiani compatta
ieri e oggi, il passato e la modernità con il sicuro intento di coniugare nella
ironia narrativa l’incedere di Don Chisciotte e Sancho Panza lungo il Palazzo
della Civiltà del Lavoro. Alla marcia del Quarto Stato s’uniscono Elisabetta di
Valois e lo stesso Cervantes guarnito di garofano rosso; l’alternanza diacronica
dell’evento similare: la rivoluzione dei garofani contro il regime di Salazar;
Pelizza da Volpedo e l’Internazionale socialista per la comune lotta
socialista. Proletari e capitalisti, rivoluzionari e reazionari, picari e
hidalgos, santi e miscredenti sono tutti presenti nelle sequenze di Impero
Nigiani, che, con il sarcasmo che lo contraddistingue, non si esime da porre a
sfondo del cavaliere spagnolo l’arredo urbano degno di un ambizioso odierno villaggio
turistico. ©Vincenzo Baratella
COMUNICATO STAMPA
Don Quijote
(Don Chisciotte)
Personale
di pittura di
IMPERO
NIGIANI
Studio Arte Mosè di Rovigo, Via
Fiume,18
dal 16 giugno al 05 luglio 2018
Curatore Vincenzo Baratella
Grazie alla consolidata amicizia
di Vincenzo Baratella con l’Artista è stato possibile portare a Rovigo la
prestigiosa rassegna tematica “Don Quijote”, patrocinata dalla
Regione Toscana ed il Comune di Firenze. Sabato 16 giugno 2018 alle ore 18,00 lo Studio Arte Mosè di Rovigo inaugura
la personale di Impero Nigiani. L’Artista
fiorentino, inserito nei libri di storia
dell’arte, nato -il nome è indicativo- nel Ventennio vanta una lunga carriera
ricca di ambiti riconoscimenti. A sommare alla corposa produzione pittorica sono
le illustrazioni a pregevoli edizioni della Divina Commedia, delle opere di
Ovidio, dei classici greci e dell’epica di Omero e di Virgilio. Di Genova,
storico dell’arte, lo definisce Artista dallo
sguardo cristallino. “Lo straordinario realismo comunicativo è frutto
-secondo Vincenzo Baratella- di una decodifica critica dei fatti storici, di
una sapiente lettura dei diversi messaggi culturali e di una perizia
tecnico-formale comune solo ai grandi del passato”. Impero Nigiani non ha
mancato di stupire con mostre tematiche sugli anni di piombo, sui protagonisti
del secolo breve, sul medioevo, e… con spirito ironico toscano, sfruttando “Addio Wanda”, un articolo di Indro
Montanelli sulla chiusura delle Case
in seguito alla legge Merlin, realizzò una indimenticabile mostra. La Sua
produzione è stata presentata da autorevoli critici: Giorgio Di Genova,
Vittorio Sgarbi, Giampiero Jacopini, Lucio Scardino, Giorgio Segato ... Ha
scambiato l’amicizia, la condivisione di corrente, con le più autorevoli firme
del Novecento. Qualche anno fa, quasi a sfogliare l’album dei ricordi
dell’infanzia e dell’adolescenza, citando il titolo di un libro di Susanna
Agnelli, Nigiani creò una cartella con dieci acqueforti dal titolo “Vestivamo alla marinara (non tutti)”
che divenne eccezionale mostra itinerante in Italia. “Don Quijote” è presente allo
Studio Arte Mosè, in Via Fiume, 18, con lo stesso corpus in cui è stato
mostrato a Firenze: venti oli, due disegni e cartella di acqueforti. Vincenzo
Baratella, curatore della rassegna di Rovigo, Don Quijote secondo Impero Nigiani, scrive: “Figura controversa quella di Don Chisciotte,
anacronistica per l’epoca che sanciva la fine della cavalleria. Il Seicento
ricco d’innovazioni nel mestiere della guerra e altrettanto fervido
nell’indagine metodologico-scientifica, critico sul primato della fede, chiude
con l’immagine del cavaliere puro d’animo, devoto al feudatario investitore,
pronto al sacrificio e alle grandi imprese, spinto dalla fede nelle cause
giuste contro infedeli, difensore dei deboli e della donna. La cavalleria
secondo la Chanson de Geste vive solo nell’immaginario, alla stregua del Ciclo
Bretone. Lontano dallo spirito di abnegazione di Orlando, dalla spinta religiosa di Perceval, dal
Sigfrido, novello Achille nella saga dei Nibelunghi, il cavaliere era nella
realtà stupratore, saccheggiatore e poco avvezzo ai principi morali. Per
arginare l’indicibile brutalità la Chiesa intraprese una serie d’iniziative: la
Tregua di Dio e la Pax Dei; Guarino, vescovo di Beauvais, nel 1024 pretese dal
neocavaliere un esemplare giuramento morale. Mecenatismo e corti fecero
rivivere Orlando, i paladini di re Carlo, e gli antagonisti mori, saraceni,
sotto l’ottica dell’umanesimo. Ludovico Ariosto, fruitore della protezione
estense, intrattenne la corte con il cavaliere impazzito per amore. Aggiunse a
corollario maghi, maghe, sortilegi, ipogrifi, castelli incantati. Cervantes,
circospetto nell’interrelazione con la predominante coercitiva Chiesa spagnola,
si pone derisorio della decadente casta equestre. Di questa celebra comunque
l’humanitas, il recupero di valori morali nonché le regole della tradizione.
Don Quijote è l’icona di un mondo in decadenza, che aspira -anche solo nella
reminiscenza- ai fasti di imprese eroiche. Armato di una picca arrugginita, con
l’elmo bacinella di cerusico, assuefatto all’epopea cavalleresca, in sella a
Ronzinante, seguito dall’accondiscendente scudiero, il cavaliere sognatore
della Mancha si esibisce in una giostra di straordinarie, esilaranti, patetiche
imprese. Nigiani, toscano verace, s’investe nella narrazione satirica e dà il
la ad una orchestrazione di contrappunto all’intera opera pittorica con brani
che narrano il passato e nel contempo enunciano il presente. L’Artista legato
alla pittura leggibile, citazionista, con magistrale realismo espressivo, dà
energia e attualità al soggetto apparentemente desueto. Impero Nigiani al
cavalletto, come regista, sotto l’ombrello parasole, fissa le sequenze del film
senza escludere il messaggio etico. L’io narrante del pittore, grazie
soprattutto al rigore del tocco formale cromatico, rigenera l’opera del passato
in chiave moderna. I Picari coevi s’incarnano nelle figure scure di madri,
vedove, donne dimesse, così come il toro nero, picassiano, simboleggia la
mediterraneità nel gioco di colore giallo nero, all’unisono con le tauromachie,
con i sogni di potenza di imperi senza confini o di libertà attese per moriscos
e marrani. Nigiani compatta ieri e oggi, il passato e la modernità con il
sicuro intento di coniugare nella ironia narrativa l’incedere di Don Chisciotte
e Sancho Panza lungo il Palazzo della Civiltà del Lavoro. Alla marcia del
Quarto Stato s’uniscono Elisabetta di Valois e lo stesso Cervantes guarnito di
garofano rosso; l’alternanza diacronica dell’evento similare: la rivoluzione
dei garofani contro il regime di Salazar; Pelizza da Volpedo e l’Internazionale
socialista per la comune lotta socialista. Proletari e capitalisti,
rivoluzionari e reazionari, picari e hidalgos, santi e miscredenti sono tutti
presenti nelle sequenze di Impero Nigiani, che, con il sarcasmo che lo
contraddistingue, non si esime da porre a sfondo del cavaliere spagnolo
l’arredo urbano degno di un ambizioso odierno villaggio turistico”.
Inaugurazione con la presenza dell’Artista.
Catalogo alla vernice.
La mostra, a ingresso libero,
sarà visitabile:
dal 16 giugno al 05 luglio 2018 tutti i giorni feriali
dal lunedì al venerdì dalle 16,30 alle 19,30
Sotto alcuni momenti dell'inaugurazione
La gallerista curatrice Emanuela Prudenziato e il prof Antonio Scarpone
il Dott. Lucio Scardino, autore della presentazione del catalogo "Il fantastico cavaliere Don Quijote"
La Dott.ssa Emanuela Prudenziato e panoramica sulle alcune opere di Impero Nigiani
Momento dell'inaugurazione; a sinistra l'artista Mariano Vicentini.
Da sinistra: Vilfrido Paggiaro, Vincenzo Baratella, Impero Nigiani e Lucio Scardino
Vincenzo Baratella e Impero Nigiani
Impero Nigiani e Lucio Scardino
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