martedì 3 novembre 2015

LUIGI MARCON: L'anima nel paesaggio


 
LUIGI  MARCON: L’anima nel paesaggio.

Luigi Marcon è amico e artista; il binomio è per me stretto e inscindibile. Lo conobbi negli anni Ottanta quando una piccola galleria del centro faceva incetta dei migliori; gli stessi con i quali ho mantenuto il rapporto di stima e di amicizia. Trenta, quaranta anni fa l’incisione non aveva tanti proseliti. Si enumeravano quelli entrati nella storia dell’arte e coloro, come  Marcon, che avevano raggiunto livelli esecutivi indiscutibilmente notevoli. La maggior parte degli esecutori attratti dalla grafica producevano quella che ho definito l’incisione essenziale dal segno unico nello spessore e nel tratteggio agitato, frenetico, incerto … la punta secca enumerava i morandiani con la definizione dei corpi attraverso la retinatura fitta, meno fitta. La tecnica più sfruttata era la punta secca e l’incisione al nero. Marcon  si spinse a soluzioni uniche con l’acquaforte, l’acquatinta, la ceramolle. Le calcografie hanno visto interventi  con il sale, lo zucchero, la pece greca e numerosi bagni in acido. Paesaggi mostrano gli acciottolati, il freddo candore della neve, il senso vigoroso delle rocce, l’increspatura delle onde, il senso arcadico nella vegetazione. L’artista di Vittorio Veneto, attraverso l’alchimia degli ingredienti e la sensibilità, fa vedere il paesaggio con innumerevoli toni chiaroscurali, quasi fotografici. Coglie la poesia delle cose e la riporta sulla lastra. Marcon rapisce l’anima del paesaggio. Da ogni stampa emerge un indicibile pathos emozionale. Quasi seimila lastre di zinco e rame prodotte; un lavoro sovrumano. Grandi incisori hanno contato una produzione senza uno zero. Gli studi artistici lo consacrarono all’inizio come pittore, il giovane classico pittore ad olio, poi seguì mezzo secolo dedito all’incisione. Ritrasse Burgen und Schlösser in Deutschland. Nell’ ottocentesimo anno dalla fondazione Landshut gli consacrò uno straordinario riconoscimento: una sala museale per il suo impegno nel riprodurre la città tedesca dalla quale estrasse il francobollo tutt’ora in circolazione in Germania. E’ da ricordare il corpus sulle abbazie dell’Italia (in mostra Novacella). Predilesse le delizie estensi ed in particolare il Virginese di Portomaggiore; nella cittadina ferrarese stabilì una salda e condivisa amicizia con il gallerista-editore Pasini. Ritrasse pure quattro scorci della mia città. In un pomeriggio d’estate del 2008, inforcata la bicicletta se ne andò per Rovigo. Ritornò in galleria alle 18 con del materiale; incise per lo Studio Arte Mosè quattro chicche: Porta S. Bortolo, La chiesa delle Fosse, Piazza Vittorio Emanuele e la Rotonda. Ne fece sei tirature per ognuna; le stampe di Marcon sono solitamente poche. La mostra di acqueforti è una rassegna unica nel suo genere, perché fa comparire un’inimitabile perizia tecnica e un’indiscussa capacità nel cogliere dalla natura l’anima per rimpastarla in poesia.

Vincenzo Baratella

 
 
momento in galleria
Acqueforti di Luigi Marcon.

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