LUIGI
MARCON:
L’anima nel paesaggio.
Luigi Marcon è amico e
artista; il binomio è per me stretto e inscindibile. Lo conobbi negli anni
Ottanta quando una piccola galleria del centro faceva incetta dei migliori; gli
stessi con i quali ho mantenuto il rapporto di stima e di amicizia. Trenta,
quaranta anni fa l’incisione non aveva tanti proseliti. Si enumeravano quelli
entrati nella storia dell’arte e coloro, come
Marcon, che avevano raggiunto livelli esecutivi indiscutibilmente
notevoli. La maggior parte degli esecutori attratti dalla grafica producevano
quella che ho definito l’incisione essenziale dal segno unico nello spessore e
nel tratteggio agitato, frenetico, incerto … la punta secca enumerava i
morandiani con la definizione dei corpi attraverso la retinatura fitta, meno
fitta. La tecnica più sfruttata era la punta secca e l’incisione al nero.
Marcon si spinse a soluzioni uniche con
l’acquaforte, l’acquatinta, la ceramolle. Le calcografie hanno visto
interventi con il sale, lo zucchero, la
pece greca e numerosi bagni in acido. Paesaggi mostrano gli acciottolati, il
freddo candore della neve, il senso vigoroso delle rocce, l’increspatura delle
onde, il senso arcadico nella vegetazione. L’artista di Vittorio Veneto,
attraverso l’alchimia degli ingredienti e la sensibilità, fa vedere il
paesaggio con innumerevoli toni chiaroscurali, quasi fotografici. Coglie la
poesia delle cose e la riporta sulla lastra. Marcon rapisce l’anima del
paesaggio. Da ogni stampa emerge un indicibile pathos emozionale. Quasi seimila
lastre di zinco e rame prodotte; un lavoro sovrumano. Grandi incisori hanno
contato una produzione senza uno zero. Gli studi artistici lo consacrarono
all’inizio come pittore, il giovane classico pittore ad olio, poi seguì mezzo
secolo dedito all’incisione. Ritrasse Burgen
und Schlösser in Deutschland. Nell’ ottocentesimo anno dalla fondazione Landshut
gli consacrò uno straordinario riconoscimento: una sala museale per il suo
impegno nel riprodurre la città tedesca dalla quale estrasse il francobollo
tutt’ora in circolazione in Germania. E’ da ricordare il corpus sulle abbazie
dell’Italia (in mostra Novacella). Predilesse
le delizie estensi ed in particolare il Virginese di Portomaggiore; nella
cittadina ferrarese stabilì una salda e condivisa amicizia con il
gallerista-editore Pasini. Ritrasse pure quattro scorci della mia città. In un
pomeriggio d’estate del 2008, inforcata la bicicletta se ne andò per Rovigo.
Ritornò in galleria alle 18 con del
materiale; incise per lo Studio Arte Mosè quattro chicche: Porta S. Bortolo, La chiesa delle Fosse,
Piazza Vittorio Emanuele e la Rotonda. Ne fece sei tirature per ognuna; le
stampe di Marcon sono solitamente poche. La mostra di acqueforti è una rassegna
unica nel suo genere, perché fa comparire un’inimitabile perizia tecnica e
un’indiscussa capacità nel cogliere dalla natura l’anima per rimpastarla in
poesia.
Vincenzo
Baratella
Acqueforti di Luigi Marcon.
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